Biogas: la prigione alimentata dagli escrementi

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Le prigioni sono un ambiente sconosciuto ai più, un luogo nel quale nessuno vorrebbe passare parte della propria vita ma che ospita, in tutto il globo, più di otto milioni di persone. Spesso si pensa che la vita, una volta entrati in un carcere, si fermi e che l’uomo rinchiuso non possa più coltivare le proprie passioni e ambizioni. Si crede che i problemi e le dinamiche che gli uomini “liberi” vivono  non possano entrare all’interno di questi luoghi; eppure vi è una prigione che ha preso a cuore due dei più grandi ostacoli che l’uomo di oggi si trova a dover affrontare: il cambiamento climatico e l’inquinamento.

La prigione di Mulanje, in Malawi, ha installato un digestore di biogas per alimentare gran parte del carcere.  Alcuni detenuti all’interno di questa struttura sono incaricati di cucinare per tutti i compagni – 200 detenuti – e fino a pochi anni fa la preparazione delle pietanze avveniva utilizzando pezzi di legna da ardere. In una giornata, la prigione utilizzava fino a due metri cubi di legna e il processo di preparazione del cibo poteva durare più di cinque ore. Grazie al digestore di biogas, installato all’interno della cucina, la struttura e i prigionieri hanno potuto iniziare a convertire i rifiuti organici e gli escrementi dei detenuti in energia pulita che permettesse al carcere di autoalimentarsi senza andare a gravare sull’ambiente circostante e togliendo diverse attività pesanti e rischiose agli uomini rinchiusi. Grazie a questa innovazione, infatti, non è più stato necessario andare a tagliare giornalmente la legna e il tempo di preparazione del cibo è diminuito drasticamente..

Il digestore di biogas è un’innovazione molto interessante e con un’efficacia sorprendente. All’interno del sistema è posta dell’acqua, nella quale vengono inseriti i materiali organici. Questa operazione fa sì che si vada a creare un ambiente anaerobico, privo di ossigeno, nel quale i batteri possano andare a scomporre la massa formando così il biogas. Questo processo è del tutto pulito e va ad utilizzare materiale di scarto che, se non trattato, potrebbe essere altamente dannoso per l’ambiente. Secondo uno studio condotto in Giappone, circa 140 milioni di famiglie potrebbero essere rifornite di costante energia se si andassero a riutilizzare e a convertire in gas pulito tutti gli escrementi umani. 

Ritornando al caso del Malawi, questo è uno dei Paesi più densamente popolati di tutto il Continente Africano e quasi la totalità della popolazione dipende dal consumo di energie non rinnovabili e inquinanti, tra cui la combustione della legna. Il problema di questo processo energetico non è rappresentato unicamente dalla grande quantità di fumi tossici che durante la combustione vengono rilasciati all’interno dell’atmosfera ma, da aggiungere a ciò, vi è anche il “fattore deforestazione”. La superficie forestale è scesa da 3,5 milioni di ettari nel 1990 a circa due milioni di ettari nel 2020. La più grande foresta del Paese è diminuita, negli ultimi trent’anni, del sessanta percento, passando da un’estensione di 1,7 milioni di ettari a soli 700’000. 

Si capisce, a questo punto, come tale nuovo sistema di produzione energetica – il digestore di biogas – possa andare a cambiare la tragica situazione che tale Nazione sta vivendo. Le famiglie del Malawi, come del resto del mondo, potrebbero avere costante gas totalmente naturale e non inquinante a propria disposizione, risolvendo sia il problema climatico che la fatica e la ripetitività di un’azione come il taglio degli alberi. Questo sistema è molto efficace anche per il fatto che non interferisce con le abitudini vitali e non richiede operazioni aggiuntive a quelle che una persona svolge nella propria giornata, essendo alimentato con scarti ed escrementi che, altrimenti, verrebbero buttati e non riutilizzati.

In un momento come questo, in cui l’Europa intera è in crisi a causa della mancanza del gas russo, una soluzione semplice e innovativa potrebbe essere l’installazione dei digestori di biogas. Tali invenzioni ci dimostrano come possano essere trovate soluzioni alternative all’inquinamento senza la richiesta di grandi sforzi e che forse, un domani, potrebbero essere proprio le invenzioni che salveranno il Pianeta dalla disfatta a cui lo stiamo conducendo.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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