Doñana, Spagna: patrimonio dell’umanità minacciato dalla coltivazione intensiva di fragole

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Il Parco Nazionale di Doñana è considerato una delle aree naturali protette più importanti di tutta Europa. Un crocevia fondamentale per le rotte degli uccelli migratori tra Africa ed Europa, è anche l’ultimo rifugio per molte specie in via d’estinzione. Pianure pianeggianti arricchiscono il magnifico panorama, modellato da due ecosistemi primari: pinete e macchia mediterranea, i quali crescono in terreni prevalentemente sabbiosi e in vaste paludi fiancheggiate da argilla, soggette ad un ciclo idrico altamente stagionale. Un grandissimo Parco naturale minacciato, però, da una coltivazione sempre più intensa dei contadini locali e da un massiccio sfruttamento cieco delle risorse del terreno.

 

L’“oro rosso” di Doñana

In questo periodo dell’anno le lagune del Parco Nazionale di Doñana dovrebbero essere allagate. Tuttavia, oggi la maggior parte di esse sono asciutte e alcune, oramai ricoperte dalla vegetazione, sono senza dubbio scomparse per sempre. “Non avevamo mai visto Doñana in uno stato simile ad aprile”, ha sottolineato Felipe Fuentelsaz, portavoce locale dell’associazione WWF. “L’ecosistema unico che funge da habitat per gli uccelli migratori sta scomparendo”. I fenicotteri rosa tipici del Parco immergono ancora il becco nella palude adiacente al villaggio di El Rocio, ma questo inverno sono stati contati appena 90.000 uccelli migratori contro una media di circa 470.000.

La riserva di Doñana sta morendo a poco a poco, sotto l’effetto di una mal gestione governativa e una siccità prolungata; il tutto aggravato dall’eccessivo sfruttamento delle acque sotterranee per la produzione intensiva di fragole. A nord-ovest di Doñana, infatti, grandi distese di plastica ricoprono enormi serre dedite alla produzione di quello che viene definito da molti l’“oro rosso”, consumato principalmente dalla Germania. Legalmente sono addirittura 8.000 ettari quelli destinati alla produzione di fragole e frutti rossi intorno a Doñana. Secondo il WWF, però, altri 1500-2000 ettari sarebbero irrigati da centinaia di pozzi illegali che, nonostante le perduranti multe amministrative, attingono alla falda acquifera sovrasfruttata dal parco nazionale. Un’esasperazione delle risorse del territorio già sottolineato addirittura nove anni fa dall’Unesco; e, in aggiunta, nel 2020 la falda acquifera da cui dipendono fiumi e lagune della zona venne riconosciuta “un pericolo” dal governo spagnolo.

Un governo dell’Andalusia che, per risolvere il problema ambientale, ha avuto un’idea alquanto sorprendente: regolarizzare le fattorie illegali e legalizzare il loro accesso all’acqua. Un disegno di legge completamente peggiorativo della già drammatica situazione, registrato il 12 aprile al parlamento andaluso dal Partito Popolare conservatore (PP), al potere nella regione e fortemente sostenuto dal partito di estrema destra Vox.

 

Tra minacce e proteste

Ambientalisti e ricercatori chiedono cambiamenti a gran voce. L’UE minaccia sanzioni. L’UNESCO avverte che il Parco nazionale di Doñana sarà rimosso dall’elenco dei siti del patrimonio naturale mondiale. Infine, il governo di centrosinistra di Madrid continua con le restrizioni. “Doñana non sarà toccata!”, ha risposto il primo ministro Pedro Sánchez, il quale ha ribadito la sua contrarietà anche a margine della manifestazione di Bilbao: “Se lo dicono la scienza, l’UNESCO, la Commissione europea e le sentenze dei tribunali spagnoli ed europei […] lo scandalo deve finire”.

Un conflitto tra politici e tra ecologisti e contadini che ha raggiunto il culmine nelle ultime settimane. Se in un primo momento il governo andaluso ha lasciato intendere che Madrid stesse valutando la possibilità di mettere la regione sotto amministrazione controllata (come successe alla fine del 2017 con la Catalogna a causa dei suoi eccessivi sforzi d’indipendenza), il rappresentante del ministero dell’Interno spagnolo a Siviglia, Pedro Fernández, ha immediatamente smentito tali piani. Ciò non significa, però, che Madrid abbia l’intenzione di rimanere con le mani in mano e ha già minacciato, tra l’altro, un ricorso alla Corte Costituzionale, a fronte dell’ultimo rapporto del Centro biologico del Parco che ha affermato come quasi il 60% di tutte le lagune di Doñana siano state prosciugate negli ultimi dieci anni.

Rimane, tuttavia, un immenso problema: l’agricoltura è il motore della provincia andalusa meno sviluppata di Huelva. E le fragole svolgono un ruolo assai importante: secondo l’associazione Interfresa, la coltivazione del frutto ha fornito 100.000 posti di lavoro nel 2021 e circa l’8% del reddito totale in Andalusia. Delle 360.000 tonnellate prodotte in Spagna nel 2021, circa 324.000 tonnellate provenivano proprio dal territorio andaluso, spedite principiante in Germania, il più grande cliente mondiale.

La soluzione non è visibile. Al contrario, prima delle elezioni regionali e locali del 28 maggio e delle grandi elezioni generali di quest’anno, la fragole e la minaccia al Parco di Doñana rischiano di diventare un altro grande argomento di conflitto.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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