“I prossimi anni saranno quelli dell’India”. Così Jeff Bezos, fondatore ed ex CEO di Amazon, ha affermato il 15 gennaio 2020 all’Amazon India Event, identificando nella seconda potenza demografica mondiale il futuro dell’economia.
A due anni di distanza, ha avuto ragione? La risposta è tutt’altro che positiva. Nel novembre 2021, durante il COP 26 (Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 tenutasi a Glasgow, Scozia), l’India ha completamente destabilizzato il futuro e le speranze del pianeta, affermando come l’obiettivo “zero emissioni” di Nuova Delhi avverrà solo nel 2070 – con un ritardo di addirittura un ventennio rispetto a molti dei grandi paesi del globo.
Nella prima settimana di novembre 2021, quando la qualità dell’aria della capitale Delhi è andata oltre i parametri di rischio, la combustione delle stoppie rappresentava il 42% dei livelli di PM2,5 (“materiale particolato aerodisperso“: insieme delle particelle atmosferiche solide e liquide sospese nell’aria) della città, col rischio di raggiungere facilmente il sistema respiratorio.
Nonostante i governi abbiano vietato la pratica, gli agricoltori continuano a bruciare stoppie, mostrandosi il modo più rapido ed efficace per ripulire i campi. Perchè? Le risaie indiane ricevono solo tra i 19-27 pollici di pioggia all’anno, quando per una coltivazione normale ne servirebbero almeno 48. Questa mancanza spinge quindi gli agricoltori ad utilizzare le acque sotterranee per colmare il divario.
Il continuo, e ormai incessante, utilizzo delle riserve di acque sotterranee (fenomeno iniziato addirittura nel XIX secolo con la colonizzazione inglese) è la difficoltà maggiore per l’India e, soprattutto, per i paesi limitrofi. Lo Stato settentrionale del Punjab, ricco di risaie, assorbe quasi 48 miliardi di metri cubi di acque sotterranee all’anno, dato di poco inferiore al fabbisogno idrico annuale complessivo dell’India (che si attesta attorno ai 56 miliardi di metri cubi), nonostante la differenza demografica sia abissale (il Punjab non ha neanche la metà della popolazione italiana). Secondo stime ufficiali, si prevede che lo Stato esaurirà le riserve di acque sotterranee entro 20-25 anni, costringendolo a “proiettarsi” verso Stati vicini, tra cui l’India.
L’Asia, seppur caratterizzata da capacità economico-demografiche enormi, è ancora lontana dall’ottenimento dell’egemonia globale. Il problema ambientale, affiancato alla poca comunicazione e supporto tra i paesi facenti parte, è uno dei limiti principali.
La Cina, come viene elogiata dallo stesso People’s Daily (principale giornale asiatico), ha capacità ed esperienza per supportare lo sviluppo di questi paesi. La “saggezza” del Paese nella riduzione degli sprechi ha la possibilità di aumentare la produzione condivisa nel mondo e garantire una maggiore sicurezza alimentare (di fianco ad un tanto ricercato aumento di prestigio nella rassegna mondiale).
Wu Laping – professore al College of Economics and Management della China Agricultural University – ha mostrato come la perdita e spreco alimentare avviene principalmente per fattori economici e in quei paesi considerati ancora in via di sviluppo: in Africa e Asia meridionale, fino al 30% della perdita del cibo è stata riscontrata durante la raccolta e stoccaggio degli agricoltori. Pechino, rispetto alla media mondiale, vede perdite nettamente inferiori, garantita da costanti leggi contro lo spreco e innovazioni tecnologiche in ambito agricolo. Il risultato è un risparmio di terre, acqua, fertilizzanti e pesticidi che vanno a proteggere l’ambiente e ridurre le emissioni di anidride carbonica, favorendo lo sviluppo sostenibile.
La crisi idrica, come abbiamo visto, è un problema che affligge molti paesi in via di sviluppo. Quando si parla dell’India, però, il quadro si fa ancora più luttuoso: il secondo Stato più popoloso al mondo (1,38 miliardi di abitanti) è ad oggi una bomba ad orologeria, sempre più vicina a terminare le riserve di acque sotterranee. Un possibile prezzo dell’acqua, direttamente o tramite l’elettricità che alimenta i pozzi, è visto come un suicidio politico. Nel frattempo, mentre la qualità dell’aria fa registrare 1,7 milioni di morti premature in tutto lo Stato (dati 2019), tribunali e leader politici continuano a posticipare il problema.
Per affrontare questo problema, gli indiani dovranno tornare a rispettare la loro acqua, una richiesta quasi saccente dopo decenni di abbandono. Se l’India non dovesse riuscirci, quali conseguenze ci saranno riguardo al cibo?