L’Artico: la nuova frontiera del guadagno che sfrutta la crisi climatica

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Tra il 1971 e il 2017 la temperatura media annua della superficie terrestre è aumentata di 2,7°C, un cambiamento climatico drastico indotto principalmente dalle attività umane. Lo stesso accrescimento – dal doppio al quadruplo della velocità – è avvenuto nello stesso periodo anche nell’Artico: una regione dagli equilibri ed ecosistemi particolarmente fragili e che si sta scaldando almeno due volte più velocemente rispetto a qualsiasi altra zona del pianeta. Per queste motivazioni possiamo definire l’Artico come il “ground zero” (secondo le parole di Alberto Prina Ceral su Pandora Rivista) del cambiamento climatico. 

Un territorio, però, divenuto negli ultimi anni la nuova frontiera del guadagno per molti stati e, soprattutto, del (drammatico) protagonista del 2022: la Russia. Il motivo? Secondo un importante rapporto dell’US Geological Survey nel 2008, circa 90 miliardi di barili di petrolio, 1,700 trilioni di piedi cubici di gas naturale e 44 miliardi di barili di gas condensato sarebbero nascosti nelle calotte della regione settentrionale, sempre più esposti ed estraibili grazie allo scioglimento dei ghiacci. 

 

La Russia nell’Artico tra economia e mito

Il mito del “Rosso Nord” era già, nell’epoca di Stalin, uno degli elementi chiavi della propaganda sovietica. Se in questi anni lo Zar presentava l’Artico come terreno “fertile” per la costruzione del socialismo, oggi il mito è tornato nelle sale del potere di Mosca: il ricordo della fallita conquista dell’Unione sovietica è stato ripreso negli anni 2000, quando il mondo iniziava a sottolineare l’importanza “materiale” di quella regione. Come sottolinea Riccardo Cristiano per “Formiche”, il 98% di tutti i diamanti, il 90% di petrolio e gas, nichel, conato e platino, il 60% del rame e il 24% dell’oro in Russia vengono prodotti a nord del Circolo polare, per un valore totale dell’11% del Pil. Le enormi potenzialità economiche, quindi, legate alle intraprendenti volontà conquistatrici di Putin e del suo entourage, spiegano chiaramente le recenti mosse di Mosca nella zona settentrionale. 

Lo stesso potentissimo oligarca russo, Igor Sechin (guida della petrolifera russa Rosneft), in un ampio discorso anti-occidentale tenutosi nel giugno 2022, ha dichiarato che “l’Arca di Noè” per salvare Mosca dall’Occidente “si trova nell’Artico russo e si chiama Vostok Oil”. L’immenso progetto ha l’intento di traghettare in Asia – in particolare Cina e India – il petrolio artico, grazie alle acque del grande fiume Yenisey: l’esportazione permetterà di sganciarsi da qualsiasi dipendenza da compagnie straniere e catene logistiche, arrivando a produrre fino a 115 milioni di tonnellate di petrolio all’anno entro il 2033. “Abbiamo tutte le competenze, le conoscenze e l’esperienza necessarie, e in questo tipo di progetti il 98% della tecnologia è prodotta in Russia”, ha dichiarato Sechin. 

 

Una nuova Guerra “fredda”

Stati Uniti, Cina e Russia. Le tre grandi potenze del pianeta hanno riposto al centro del conflitto l’Artico, regione “silenziata” dall’era staliniana. È una nuova “Guerra Fredda”, tutt’altro che laconica e dalle mosse “ovattate”, che vede i più importanti poli del mondo combattere per una regione che, secondo il ministero dell’energia russo, conterrebbe il doppio del petrolio disponibile in Arabia Saudita. La nuova El Dorado da conquistare “a punta di piedi” – soprattutto dopo le vicende russe contro l’Ucraina. Lo stesso Putin, al Forum artico del settembre 2010 (quando ancora era Primo Ministro), già dichiarava: “Mentre ci prendiamo cura dello sviluppo equilibrato del nord della Russia, lavoriamo allo stesso tempo per rafforzare i nostri legame con i vicini della nostra comune casa artica”. Una cooperazione sempre meno voluta e una pretesa, quella russa, sempre più pressante e urgente, di fronte all’imminente crollo economico dovuto all’embargo petrolifero europeo e mondiale. 

La conquista dell’Artico, quindi, potrebbe rappresentare l’ultima chance per la Russia; l’ultima spiaggia per ritornare al centro del panorama internazionale. Ma è anche la grande opportunità per vendicarsi della storia, che le ha sottratto il suo grande Impero e l’ha ridotta ad un misero territorio nel nord del pianeta.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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