Spiagge bianche, acqua cristallina e vegetazione non intaccata dall’uomo: le cartoline tipiche delle Maldive si fermano qua, descrivendo un paesaggio perfetto e utopico. L’arcipelago, però, è sempre meno un luogo paradisiaco, destinato col cambiamento climatico a scomparire nel giro di pochi anni. In generale, l’arcipelago dell’Oceano Indiano, di cui l’80% del territorio non supera un metro di altitudine, è direttamente minacciato dal grave problema dell’innalzamento delle acque. A Felidhoo, una piccola isola situata ad un’ora e mezza di barca dalla capitale Malé, non troviamo lunghe spiagge o abitazioni sull’acqua, ma un grosso ammasso di terra che piano piano viene consumato dall’erosione: le spiagge sono quasi scomparse e il mare rosicchia il terreno senza sosta.
Il nemico numero uno delle Maldive è diventato, quindi, l’innalzamento del livello del mare. Le proiezioni future riguardo questo problema non devono interessare solo questo meraviglioso arcipelago, ma molte delle più famose città del nostro Pianeta: entro la fine del secolo, infatti, andremo incontro ad un aumento del livello delle acque di almeno 26-54 centimetri, che potrebbe portare alla perdita di molte zone costiere e dell’intero globo. New York, Amsterdam, Shanghai e molte altre metropoli diventeranno come la nostra Venezia che, sfortunatamente, assomiglierà alla mitologica Atlantide.
Ritornando alle Maldive, i locali sono altamente preoccupati di questo problema: “Cosa faremo se il mare si alza troppo, come salverò i miei figli? Non so nemmeno nuotare” dichiara Nasma Abdul Hameed trentenne costretto a porre diverse targhe di legno per proteggersi dalle tipiche inondazioni che avvengono nella stagione delle piogge. Il ministro dell’Ambiente e dei cambiamenti climatici, Shauna Aminath, elenca cifre spaventose: “Il 99% delle isole è colpita dall’erosione, il 90% soffre di inondazioni” e le acque salate del mare contaminano spesso le acque dolci del sottosuolo destinate alle abitazioni e infrastrutture delle diverse isole. Il riscaldamento globale così imponente non è, però, l’unico colpevole dei problemi dei maldiviani: la situazione viene aggravata anche dalla rapida urbanizzazione per la forte crescita demografica e soprattutto da uno sviluppo turistico sfrenato. Nel 2019, più di 500.000 abitanti e 1,7 milioni di turisti hanno condiviso questo territorio di meno di 300 chilometri quadrati (un terzo di quella di Milano); la costruzione di sempre più porti e hotel sulle coste non fa altro che aggravare l’erosione, costringendo alla costruzione di sempre più protezioni da parte delle autorità governative locali.
Il problema peggiore, però, è situato nel fondo degli oceani, nelle sempre meno imponenti barriere coralline che circondano l’arcipelago. L’ecosistema marino, il settimo più grande al mondo, ha subito negli ultimi anni eventi di sbiancamento del corallo, il quale perde i suoi principali mezzi di nutrimento fino a poi morire, già vittime dell’incessante e irrispettosa urbanizzazione. Le barriere coralline svolgono un ruolo cruciale nell’arcipelago: essi sviluppano uno “scheletro calcareo” che protegge le coste delle isole, smorzando le onde e assorbendo l’energia dei temporali; inoltre, fungono da habitat per migliaia di specie, che costituiscono la principale dieta dei locali e una delle maggiori fonti di ricchezza delle Maldive.
Volendo adattarsi e svilupparsi al turismo moderno, le Maldive hanno aumentato la loro vulnerabilità, cadendo in un circolo vizioso dal quale non possono più sfuggire. “Ci stiamo dirigendo verso il disastro”, avvertono molti ricercatori, con l’unica opzione quella di costruire e investire in nuove opere sempre più costose. “Se non invertiamo la tendenza, le Maldive cesseranno di esistere entro la fine del secolo” ha ricordato alla COP26 il presidente Ibrahim Mohamed, costretto ad impiegare il 30% dei guadagni dell’arcipelago nell’affrontare cambiamenti climatici sempre più incessanti e distruttivi.