Milano ha una qualità della vita da prima in classifica in Italia, a cominciare dal sistema universitario e dalle imprese, dalle sue infrastrutture al turismo durante la settimana della moda o del mobile. A fianco, però, ha enormi problemi di rigenerazione urbana da risolvere, concentrati principalmente nei quartieri della periferia milanese. Anche secondo un precedente articolo sulla crescente violenza di Milano, possiamo osservare come il capoluogo lombardo sia una metropoli a due facce. Nel seguente articolo analizzeremo la condizione delle parti “problematiche” della città: le periferie di Milano, dimenticate e abitate da giovani ragazzi sempre più “in contraddizione” con le autorità e il centro milanese.
Le periferie di Milano dimenticate
Perché Milano è un po’ così: centralista e spinta dai grandi eventi. E a rimetterci sono ovviamente le periferie. Nel 1999, il Cavallo di Leonardo – la più grande statua equestre del mondo con i suoi otto metri di altezza – venne posizionato all’ingresso dell’Ippodromo del Galoppo a San Siro: “La cultura riparte dalle periferie”, si commentò in quell’occasione. Dopo oltre vent’anni, però, ci si lamenta che il grande Cavallo di Leonardo sia stato sostanzialmente abbandonato al degrado, lasciato a se stesso: se anche le statue e i monumenti sono stati dimenticati, immaginiamoci le persone che vivono nelle periferie.
In questo panorama di paesaggio urbano si sviluppano le cosiddette “baby gang”, accompagnate da violenza e aggressività, malavita e forme vecchie e nuove di povertà ed emarginazione. “Don’t judge a book if you don’t know the inside story”; “Non giudicare un libro se non ne conosci la storia all’interno”. Su Whatsapp, un giovane ragazzo si presenta così. Nella foto del contatto, il ragazzo è appoggiato ad un muretto e rivolge lo sguardo verso l’orizzonte dei grandi palazzi della periferia milanese. Ha diciannove anni, è arrivato dal Bangladesh otto anni fa e oggi vive assieme a sua madre e alle due sorelle nel quartiere Stadera. Da un anno non riescono a pagare l’affitto e il proprietario ha avviato la procedura di sfratto. Questa famiglia, come tante altre, ha presentato la domanda di Servizio abitativo transitorio, nuova invenzione della legge regionale 16 del 2016: essa, in particolare, assegna a famiglie sotto sfratto o con gravi problemi di esclusione sociale alloggi popolari che vengono sottratti alle graduatorie Aler. “Questo sistema non funziona, perché le domande per il Servizio abitativo transitorio vengono valutate in base all’ordine di presentazione, e non in base all’urgenza della richiesta”, ha spiegato Mattia Gatti, segretario provinciale del Sicet. “Se una famiglia è sotto sfratto, ma la procedura non è ancora in esecuzione, verrà comunque accontentata prima di una famiglia che magari ha già lo sfratto in esecuzione e che ha fatto la domanda successivamente […] Il rischio è che molte famiglie finiscano in strada”.
Musica e Banlieue parigine
“Pelé non è solo un omaggio ad un mio mito personale, ma rappresenta anche tutti quei ragazzini che giocano nei campi dei loro quartieri, sfogando così i loro problemi. Voglio trasmettere loro energia, far sì che siano incentivati a seguire le proprie passioni e realizzarle, anziché deviare dai propri percorsi”. Così il giovane cantante Rhove ha descritto il vero significato del suo ultimo singolo, “Pelé”. Ascoltando e leggendo il brano (di seguito il link per il testo) si scopre la vera natura e le preoccupazioni che attanagliano le periferie milanesi, la loro violenza e il senso di emarginazione. Senso di appartenenza, uguaglianza e odio verso l’autorità: tutti sintomi di un disagio sociale trasformatosi in condivisione con l’altro e chiusura verso l’esterno, “nazionalismo da ghetto” e veemenza verso il diverso.
Fouad Ben Ahmed, attivista associativo francese, non ha mai prestato molta attenzione a Charlie Hebdo. Trovava la rivista satirica volgare e poco divertente, troppo fissata sull’Islam; ma non pensava che alcuni dei suoi “amici” potessero arrivare a fare davvero del male. Uno dei fumettisti della casa francese, Stéphane Charbonnier, ha anche disegnato per Le Petit Quotidien, un giornale per bambini a cui Ahmed si è abbonato per i suoi due figli. Il 7 gennaio 2015, dopo aver saputo che due fratelli francesi con nomi algerini, Saïd e Chérif Kouachi, avevano giustiziato dodici persone negli uffici di Charlie Hebdo – tra cui Charbonnier -, per vendetta verso le copertine contro l’Islam, Ahmed ha scritto su Facebook: “Il mio cuore francese sanguina, la mia anima musulmana piange. Niente, assolutamente niente, può giustificare questi atti barbarici”.
Questa storia che tutti ricordiamo, oramai sfumata negli anni, ha colpito tutto il mondo occidentale. Tanto quasi l’attentato alle Twin Towers del 2001. Il nemico islamico e il terrorismo è giunto in Francia, il cui confine dista a pochi chilometri dalla nostra bella penisola. Ecco, siamo completamente d’accordo con Fouad Ben Ahmed sull’atrocità di tali atti, ma la situazione delle banlieue francesi – intrise di violenza, terrorismo, orgoglio e nazionalismo islamico – sono il frutto di anni e anni di rigetto verso i problemi delle periferie; decenni di ghettizzazione e mancanza di rinnovamento. Rinnovamento delle infrastrutture, dei luoghi pubblici, ma anche della cultura e della vita delle persone che vivono al loro interno. È sicuramente azzardato pensare che le periferie milanesi possano divenire come le attuali banlieue parigine, ma la situazione non è da sottovalutare.
La Madonnina, alta sul Duomo e protettrice della grande metropoli, allungherà la sua protezione sino alle estreme periferie?