L’obiettivo “Carbon neutrality” e le conseguenze politiche

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Siccità, ondate di caldo, forti piogge, inondazioni, innalzamento del livello del mare, acidificazione degli oceani e perdita di biodiversità. Il cambiamento climatico è divenuto una costante nei diversi canali d’informazione, tema ampiamente discusso su tutti i social network e nei nostri quotidiani. Il grande obiettivo, però, ricalcato dai vari accordi e progetti di Europa e Stati Uniti negli ultimi giorni, è quella che viene definita “carbon neutrality”.

 

“Carbon neutrality”

La “Carbon neutrality” è uno stato di zero emissioni nette di anidride carbonica. In particolare, aziende, processi e prodotti diventano “carbon neutral” quando ottengono un bilanciamento tra le emissioni di anidride carbonica e la sua rimozione, attraverso le cosiddette “compensazioni del carbonio”. I vari gas serra (come la CO2) si disperdono uniformemente nell’atmosfera: ciò significa che la concentrazione di questi climalteranti è approssimativamente la medesima in tutto il globo. Di conseguenza, sarà irrilevante dove nel pianeta le emissioni vengono prodotte o evitate; pertanto, le emissioni che non possono essere evitate a livello locale (pensiamo, per esempio, alle grandi zone industriali) potranno essere compensate da progetti di compensazione in altri luoghi. Alcuni banali esempi di questa compensazione sono la conservazione delle foreste, l’imboschimento o l’espansione delle energie rinnovabili.

L’Unione Europea, nel novembre 2019 – dopo la dichiarazione di emergenza da parte del Parlamento -, ha presentato il cosiddetto “Green Deal europeo”, una vera e propria tabella di marcia affinché il Vecchio Continente diventi climaticamente neutro entro il 2050. Tramite il rafforzamento legislativo (per esempio, il “Fit for 55” nel 2021), la promozione dell’economia circolare, un sistema alimentare sostenibile e la preservazione della biodiversità, l’obiettivo è quello di finanziare e raggiungere la neutralità carbonica e limitare il riscaldamento globale.

 

Dall’altra parte del mondo: Inflation Reduction Act

Il 16 agosto 2022, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden firmò l’Inflation Reduction Act (IRA), con lo scopo di implementare e dirigere una nuova spesa federale verso la riduzione delle emissioni di carbonio, l’abbassamento dei costi sanitari, il finanziamento dell’Internal Revenue Service (agenzia governativa americana per la riscossione dei tributi) e il miglioramento della conformità dei contribuenti. L’IRA è addirittura il terzo atto legislativo approvato dalla fine del 2021 da parte degli Stati Uniti, nel tentativo sempre costante di migliorare la competitività economica, l’innovazione e la produzione industriale. 

I quasi 400 miliardi di dollari disposti verranno principalmente utilizzati come finanziamenti federali per l’energia pulita: in particolare, 250 mld per l’energia, 47 mld per il settore manifatturiero, 46 mld per l’ambiente, 23 mld per i veicoli elettrici, 21 mld per l’agricoltura e, infine, 4 mld per l’acqua.

 

La risposta dell’Europa: Green Deal Industrial Plan

In risposta a quest’ultimo piano americano, la Commissione europea ha presentato quest’anno il Green Deal Industrial Plan, con lo scopo fondamentale di migliorare la competitività dell’industria europea a zero emissioni e sostenere, quindi, la rapida transizione verso la neutralità climatica. Di fronte al piano statunitense (che prevede soprattutto grandi sgravi fiscali per acquistare prodotti 100% “Made in Usa”), la proposta europea “punta a creare un ambiente più favorevole per il potenziamento della capacità produttiva UE di tecnologie e prodotti net-zero necessari per raggiungere gli ambiziosi obiettivi climatici dell’Europa”, secondo le parole del piano stesso.

Il Green Deal Industrial Plan andrà quindi ad innestarsi sui precedenti Green Deal europeo e su REPowerEU, e sarà fondato su quattro pilastri: contesto normativo prevedibile e semplificato, accelerazione dell’accesso ai finanziamenti, miglioramento delle competenze e libero scambio per catene di approvvigionamento resilienti. “Abbiamo un’opportunità unica di indicare la strada con velocità, ambizione e determinazione per garantire la leadership industriale dell’UE nella tecnologia net-zero in rapida crescita settore. L’Europa è determinata a guidare la rivoluzione della tecnologia pulita” – Ursula von der Leyen. 

 

Uno scontro climatico

Dal punto di vista ambientale non possiamo che essere piuttosto soddisfatti dei due piani presentati da Europa e Stati Uniti: fortunatamente, il cambiamento climatico non sarà solo un problema “annunciato”, ma verrà affiancato da consistenti piani di supporto politico-economici dalle due potenze. 

Da un punto di vista politico, però, i rapporti tra USA ed Europa si incrinano (e non poco): il piano europeo è chiaramente una risposta agli Stati Uniti, la volontà precisa di opporsi alla possibilità di un nuovo dominio americano nel campo energetico e ambientale. L’Europa sembra volersi quindi inserire in uno dei mercati più in crescita del pianeta e finanziare gli stati dell’Unione per affrontare – in blocco – le grandi potenze avversarie, soprattutto Washington e Pechino. Il Vecchio Continente, perciò, come un ciclista al “Giro d’Italia”, prova una volata per staccare il più possibile i due avversari intercontinentali: peccato, però, che i due rivali sono (economicamente) del calibro di Pantani e Nibali. Riuscirà l’Europa nella sua impresa? 

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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