Riciclo: l’Italia è prima in Europa

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L’Italia è prima in Europa per tasso di riciclo e seconda per quello di circolarità, cioè il tasso di materiale riciclato e re-immesso nell’economia. Non solo, quindi, violenza e furti nel nostro Bel Paese, tutto a dimostrazione del fatto che abbiamo ancora le carte per divenire un paese leader del Vecchio Continente. Nonostante ciò, luci e ombre accompagnano il processo di sviluppo dell’Italia dal punto di vista del riciclo, anche se sicuramente con dati molto più positivi rispetto ad altri stati dell’Unione.

 

Italia leader nel riciclo

Tasso di riciclo pari al 79%. Riciclo del 73% degli imballaggi usati. Filiera del riciclo dal valore complessivo di oltre settanta miliardi di euro di fatturato, 14,2 miliardi di valore aggiunto e oltre 213.000 addetti. “L’Italia è il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti raccolti”, hanno annunciato sia la Fondazione Symbola che il Conai. Stime (facenti riferimento al 2020, gli ultimi dati disponibili) che, addirittura, sono andate ben oltre le prime aspettative, come sottolineato anche dal presidente del Consorzio nazionale imballaggi Conai, Luca Ruini: “Le nostre prime stime, a inizio anno, parlavano di un 71%: alcuni di noi lo vedevano come un eccesso di ottimismo per un anno difficile come il 2020. Invece le previsioni si sono rivelate addirittura troppo prudenti […] Il tasso di riciclo più alto che il nostro paese abbia mai registrato”.

Stime che assumono ancor più valore se paragonate al resto dell’Europa. La quota di rifiuti riciclati in Italia, infatti, raddoppia la media UE, ben al di sopra di tutti gli altri grandi paesi della comunità: Francia 56%, Regno Unito 50% e Germania 43%; solamente il Belgio, con il 77%, si avvicina alla quota italiana. Osservando infine l’Europa in generale, possiamo notare come il nostro paese sia ben più avanti rispetto alla media, attualmente stabile al 38% (nel 2018, come ultimo dato certo disponibile): 2,3 miliardi di tonnellate di rifiuti prodotte, circa 5,2 tonnellate a persone all’interno dell’UE.

 

Luci e ombre

Studiando i dati Istat, la quota di raccolta differenziata dei rifiuti urbani rispetto al 2019 è aumentata in tutte le regioni, eccezion fatta per la provincia autonoma di Trento (-0,9%) e la Valle d’Aosta (-0,6%). Malgrado questo lieve calo, però, a Trento si ha la quota più alta di raccolta differenziata (76,7%); a seguire il Veneto (76,1%), la Sardegna (74,5%) e la Lombardia (73,3%).

Dati positivi che, però, dimostrano come in certe zone d’Italia l’industria del riciclo deve ancora divenire il perno per un più complessivo piano di sviluppo del Paese. Nonostante infatti gli oltre sei mila impianti (secondo numero maggiore in Europa), la loro distribuzione vede una netta presenza nel Centro-Nord, nello specifico nelle aree in cui il comparto manifatturiero è più attivo e in cui i materiali recuperati possono facilmente essere riutilizzati. Solo in Lombardia, per esempio, c’è il 22% degli impianti nazionali dedicati al recupero di materia, seguita poi da Veneto ed Emilia Romagna. Un Mezzogiorno che, nonostante i dati in crescita, rimane ancora troppo indietro rispetto alla media del resto dell’Italia.

Il secondo, grande, problema del nostro territorio è che nel 2020 sono state esportate dall’Italia oltre 3,6 milioni di tonnellate di rifiuti industriali e poco più di 581mila tonnellate di rifiuti urbani. In totale, 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti sono stati inviati oltre il confine, per avviare il processo di recupero. Un dato che, prima o poi, è necessario colmare, avviando principalmente politiche che promuovano gli investimenti in impianti e facendo crescere perciò la capacità del sistema produttivo di sopperire alla mancanza di materie prime e a produrre posti di lavoro verso la transazione ecologica.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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