Grazie alle parole di Lucio Caracciolo nel recente libro “La pace è finita. Così ricomincia la storia in Europa” (2023), proviamo ad analizzare il fallimento americano nel continente europeo, il tentativo mancato di costruzione di un impero e, di conseguenza, la nascita di quella che chiameremo “Antieuropa“.
Il fallimento europeo è il fallimento americano
La fine della Seconda guerra mondiale ritrae un mondo totalmente dominato dagli Stati Uniti d’America. Il primo e unico momento unipolare della storia americana (e non con il termine della Guerra Fredda), la supremazia di Washington a livello internazionale è schiacciante sotto ogni profilo, a partire dalla strapotenza economica e militare. Metà del volume economico mondiale è prodotto dagli americani e il dollaro torreggia e si afferma come unico parametro degli scambi internazionali. Di fianco, l’ineguagliabile forza militare ha permesso la creazione della più grande arma mai prodotta dall’uomo, la bomba nucleare (di cui ancora gli stessi americani non capiscono il valore, e lo scopriranno solo con la deterrenza della Guerra Fredda).
La vittoria nel 1945 portò gli americani a cominciare la nuova storia del Vecchio Continente, attraverso la demonizzazione e rimozione del passato: il primato detenuto dalle grandi potenze coloniali fino agli anni Trenta era chiaramente venuto meno e l’intervento statunitense in ben due guerre mondiali fu l’ancora di salvezza per i vecchi imperi. L’Europa divenne così estensione, dilazione dell’America, “spazio intonso serbato dalla Provvidenza al popolo eletto”, con le parole di Caracciolo. E fu in questo contesto che si venne a formare l’Europa unita, costruita dall’America e per l’America, legata da un (falso) sentimento di importanza nella sottomissione al più grande player internazionale.
La ratio europea di questi anni venne descritta integralmente nella confidenziale bozza di articolo per il “Saturday Evening Post” che Dean Acheson indirizzò a Jean Monnet nel 1965 – riportata nel libro di Caracciolo: “The United States Is a European Power”: l’incapacità europea di regolare i propri conti con l’esterno e la necessità costante dell’intervento americano, costruirono un legame solido tra le due potenze; ancora meglio: gli Stati Uniti, nella politica reale, divennero essenziali per l’equilibrio e il progresso del Vecchio Continente. Gli Stati Uniti erano irrevocabilmente una potenza europea.
Oggi è ancora così? La fine della “magia americana” è sotto gli occhi di tutti. Non necessariamente l’Europa sta cercando ad un altro player che faccia rivivere in lei i “vecchi tempi”, ma è chiaro che gli Stati Uniti sono sempre meno rilevanti negli affari dell’Unione. Quando è cominciata questa inversione? Dal momento in cui si pensava che sarebbe iniziata la vera egemonia statunitense, la “End of History” per riprendere Fukuyama: la fine della Guerra Fredda. La cosiddetta “Pace Calda” fu, appunto, l’unico momento di vera pace e stabilità tra le due grandi potenze mondiali (USA e URSS) e, quindi, dell’Europa stessa. La fine di questo equilibrio e l’inizio del (fasullo) dominio americano è stato anticipato dall’esatto opposto: la fine dell’egemonia americana e la nascita di Antieuropa.
Antieuropa
Definiamo Antieuropa in senso geopolitico, servendoci sempre delle parole di Caracciolo: “Negazione dell’Europa come potenziale soggetto unitario e come centro di poteri transcontinentali, frutto della scelta americana di restare in Europa occidentale dopo la Seconda guerra mondiale”. Il legame Washington-Europa e il fallimento americano sono la causa prima della fine dell’Europa. Andando contro lo stesso autore italiano, però, più che la scelta americana di rimanere nel continente europeo post ’45, la vera motivazione della sconfitta liberale-occidentale è stata quella di credere nell’egemonia americana al termine del 1989. Si pensava ad un mondo “a direzione capitalistica”, dominato dal dollaro, ma abbiamo trovato il fenomeno contrario: il fallimento delle utopie unitarie di matrice europeista ha scaturito la proliferazione di nuovi (o “reinventati”) soggetti europei, avviati dopo la fine della Guerra Fredda. Una frammentazione ancora in corso, caratterizzata da una nuova competizione fra grandi potenze (Cina, Russia e USA) e – ancora più preoccupante – dal ritorno della guerra nel Vecchio Continente. Guerra in Jugoslavia negli anni Novanta, Ucraina post 2014 e secessionismi di grande valore strategico nel Regno Unito e Spagna (rispettivamente scozzese e catalano), fanno del Vecchio Continente un territorio tutt’altro che pacifico e, soprattutto, europeo.
La nascita di Antieuropa è figlia dell’esaurimento della funzione universale dell’Europa e della “barocca costruzione comunitaria”, culminata nel 1992 con l’istituzione dell’Unione Europea. Si pensava ad una nuova libertà ma si è ottenuto l’esatto contrario, la fine di un dominio a stelle e strisce e il ritorno alla guerra.
Il futuro?
Guardare al futuro con certezza è impossibile. Ciò di cui possiamo essere certi è che, per ora, il vigente ordine delle cose resta antieuropeo e, perciò, antiamericano. Più che il ripudio, la mancanza di fiducia verso Washington è sempre più forte e il soggetto Europa non appare più alla vista.
Guardare al domani rimane complicato. La frammentazione europea sembra essere già cominciata, con varie potenze e vari indipendentismi che stanno prendendo il sopravvento sulla lenta macchina chiamata “Unione Europea”. Allo stesso modo, però, la fine del blocco americano (perchè negli ultimi anni sicuramente gli Stati Uniti sono stati più un freno che un supporto al Vecchio Continente) potrebbe portare ad un grande “risveglio europeo”, un giro di boa verso una coesione del tutto inaspettata.