Putin ha ufficialmente fatto la sua più importante mossa, trascinando definitivamente tutta l’Europa nella prima guerra dopo settant’anni. Le prime notizie sulle decine di morti nel territorio dovuti agli innumerevoli raid russi, dovranno sommarsi ai futuri problemi che nasceranno con le sanzioni economiche da imporre alla Federazione: gli attacchi militari hanno lanciato un nuovo vento di panico sui mercati mondiali, provocando lo sviamento delle borse e il rialzo del prezzo delle materie prime. L’Europa, di fronte alle violazioni di molteplici diritti fondamentali (articolo: “Il gioco della Russia con il principio di autodeterminazione dei popoli”), ha il dovere di fermare, in primis economicamente, l’avanzata di Mosca e la guerra di Putin, anche se ciò vorrà dire mettere in difficoltà molti Stati del mondo dipendenti dalla Federazione.
Quando la Russia invase e annetté la Crimea nel 2014, l’Occidente fu costretto a mettere in atto estese sanzioni commerciali: nei successivi anni, queste misure ebbero effetti molto differenti tra i Paesi, colpendo soprattutto Ungheria, Germania, Paesi Bassi e Italia, per nulla gli Stati Uniti che con la Russia hanno traffici molto più limitati. L’imposizione, oggi, di nuove sanzioni al Cremlino può compromettere l’unità del fronte occidentale: l’ammenda dell’Unione Europea deve essere obbligatoriamente approvata all’unanimità – ovvero che tutti i membri devono essere favorevoli – e alcuni Stati, coloro che più di altri pagano lo scotto, potrebbero tirarsi indietro o limitare l’efficacia delle sanzioni.
Ai tempi dell’invasione della Crimea, l’Italia fu uno dei Paesi più colpiti dall’attacco e dalle successive misure adottate. Nel 2013, prima dell’irruzione russa, “Le nostre esportazioni in Russia sfioravano i quindici miliardi di dollari”, ha ricordato l’ambasciatore italiano a Mosca, Pasquale Terracciano, crollate a sette miliardi dopo le sanzioni. Su questo quadro, è ovvia la preoccupazione italiana di fronte agli attacchi. A tal proposito, il Centro studi di Unimpresa ha ipotizzato tre scenari possibili per Roma a seconda dell’evoluzione della vicenda russo-ucraina: la prima rappresenta una tensione risolvibile in pochi mesi senza una guerra (oramai già da eliminare), in cui l’inflazione italiana salirebbe dello 0,8% nel 2022; una seconda ipotesi, che vede una tensione-scontro prolungata per molti mesi, porterebbe ad un aumento dell’inflazione dell’1,1% durante quest’anno e un successivo incremento dell’1,2% nel 2023. Infine, in una situazione di conflitto locale duraturo, l’inflazione subirebbe un aumento extra dell’1,8% nei prossimi due anni, andando anche oltre quota 6% nel corso dei primi dodici mesi.
Un primo mercato italiano che già in questi giorni sta subendo un netto calo è il mondo dell’agroalimentare e del grano: in un anno, solamente per colpa della pandemia, il prezzo del frumento duro è aumentato dell’80%, mentre il mais ha subito un rincaro del 38%; possiamo quindi immaginare i futuri rialzi, che già nelle ultime settimane hanno portato ad un aumento dei prezzi con accelerazioni del 4,5-5%. La ragione di questa impennata è la centralità dell’Ucraina sul fronte agricolo, essendo il terzo esportatore di grano a livello mondiale: Kiev è, infatti, il secondo fornitore di mais all’Italia, con circa il 20% dell’import nazionale; a ciò bisogna aggiungere le ampie importazioni di frumento, soia e olio di girasole. Inoltre, la Coldiretti ha evidenziato come questa crisi andrebbe anche a limitare il nostro export nei confronti dell’Ucraina, del valore di circa 415 milioni di euro.
Le preoccupazioni maggiori sono da identificare nel mercato del gas naturale: con la propria produzione interna, l’Italia riesce a coprire solo il 4% dei consumi di gas, mentre Mosca copre il 40% del consumo globale, il primo Paese da cui noi importiamo, seguito da Algeria e Azerbaijan. Il trasporto del gas russo viene principalmente compiuto grazie al gasdotto Urengoy-Uzhgorod, una serie di tubazioni lunghe 4.500 chilometri che, molto sfortunatamente, attraversa anche l’Ucraina.
Al di là delle notizie delle tragiche morti che lungo queste ore ci stanno giungendo dall’Est Europa, bisogna che almeno la comunità europea si impegni alla protezione degli Stati membri, si sforzi alla ricerca di una pace il più favorevole possibile per le persone e l’economia del Vecchio Continente, evitando così che oltre le morti ucraine non ci siano anche perdite in altri Stati del globo.