Seppur sembrino due tematiche molto distanti tra loro, le recenti rivolte nel Kazakistan sono state, in parte, causate dalla forte presenza nel territorio delle cosiddette “criptovalute”. Secondo le recenti stime pubblicate dal Financial Times, nell’ultimo anno circa 88.000 società di crypto-mining – di cui successivamente spiegheremo il significato – si sono trasferite dalle province cinesi al Kazakistan, provocando gravi danni al sistema economico statale e alla popolazione locale.
Nel modo più semplice possibile, la criptovaluta è un tipo di moneta digitale/virtuale, creata attraverso un sistema di codici, la quale funziona in modo autonomo e fuori dai tradizionali sistemi di controllo bancari e intergovernativi. Di centrale importanza è il cosiddetto “crypto-mining”, ovvero quel processo che assicura il corretto funzionamento delle criptovalute e l’unico modo per immettere nuova valuta sul mercato. In parola semplici, un “sistema bancario innovativo” per il controllo di queste valute digitali.
Nate con lo scopo di offrire una tipologia di pagamento online del tutto innovativa, oggi sono un gigantesco mezzo di guadagno ma anche di preoccupazione per i governi di tutto il mondo, proprio perché privi di una stabilità ma regolati dall’andamento diretto del “mercato”.
Ritornando ai dati del Financial Times, il motivo per cui un numero così elevato di aziende si sono spostate dalla Cina al Kazakistan è l’inasprimento delle politiche cinesi nei confronti delle criptovalute, la quale ha reso illegali tutti gli scambi con crypto-monete.
Questo fatto ha portato ad un “esodo” di massa sul territorio kazako, scelto per due motivi principali: la grande presenza di idrocarburi (ovvero qualsiasi composto chimico organico costituito solo da idrogeno e carbonio, utilizzato spesso come carburante) e un costo dell’energia relativamente basso, due elementi che migliorano le condizioni necessarie per il “crypto-mining”.
Il principale problema di questo spostamento è che il 50% di queste aziende compiono azioni di mining illegale. Ciò che rende pericoloso il mondo delle criptovalute è la loro pseudo-trasparenza: il registro pubblico di controllo della circolazione monetaria (chiamato “blockchain”) è abbastanza facile da ingannare, così come anche i relativi sistemi di tracciamento. L’assenza di supervisioni e rigide regole rende così facile la creazione di un mercato illegale e difficile da scovare.
A tal proposito, questa “opacità” di mercato rende facile la determinazione di un ampio sistema di riciclaggio, dove il sistema delle criptovalute rappresenta un doppio canale di scambio che può prescindere dalla presenza di un intermediario finanziario: in sostanza, una determinata somma di denaro può essere scambiata tra molti soggetti e solo al termine di un determinato – anche lungo – percorso può essere fatta apparire all’interno del sistema finanziario ufficiale.
Le criptovalute sono attualmente uno dei mezzi di guadagno più innovativi ed efficaci, permettendo a molte persone di arricchirsi anche nel giro di pochi minuti. Quello che preoccupa, però, è la loro “volatilità”: come in un classico mercato azionario, la possibilità di perdere tutti i propri investimenti è, in alcuni casi, molto elevata. Ciò che le rende ancora più pericolose è il grande impatto mediatico che hanno raggiunto in pochi anni: grandi personaggi di spicco, soprattutto in ambito “social” e imprenditoriale, hanno la possibilità, anche con un semplice “tweet”, di innescare un’esplosione del valore del prezzo di una moneta, così come causarne anche un suo crollo. È quindi facile intuire l’incertezza e l’insidiosità di queste valute.
Per esempio, il fondatore e CEO di Tesla, Elon Musk, è solito “buttare fuori” improvvisamente tweet riguardo le criptovalute, ultimamente riguardo a quella denominata “Dogecoin”: “Dogecoin è la moneta del popolo” oppure “Dogecoin è fondamentalmente meglio di qualsiasi altra criptovaluta” sono solo alcuni esempi che hanno permesso alla moneta di acquistare un valore di mercato esorbitante nel giro di poche ore.
Nonostante a molti tutto questo quadro non preoccupa, per la prima volta le criptovalute sono state una delle cause principali di una violenta rivolta e repressione politica. L’innalzamento del gas e soprattutto dell’energia, ampiamente utilizzata per i processi di “mining”, hanno causato, come ben sappiamo, dure rivolte in tutto il Kazakistan e la morte di oltre venti persone, l’ordine di “sparare a vista” da parte del governo e l’invio di truppe da parte della Russia, portando non poche preoccupazioni a Occidente e Stati Uniti. Attendiamo con ansia che arrivi un organo di controllo mondiale per porre fine ad una corsa all’oro che ha già portato ad una sanguinosa conseguenza.