“Vorrei che ogni madre russa vedesse i corpi delle persone uccise a Bucha […] Madri russe, anche se voi avete cresciuto dei saccheggiatori, com’è che sono diventati anche dei boia? Voi non potevate non sapere che i vostri figli non hanno anima, non hanno cuore. Loro hanno ucciso consapevolmente […] Si meritano soltanto la morte dopo quello che hanno fatto”. Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha zittito tutto il mondo rispetto alle immagini che in questi giorni ci stanno giungendo dalle cittadine ucraine liberate. Sia in un’intervista alla Cbs (emittente radiotelevisiva statunitense) che in ulteriori video, il presidente ha – senza mezzi termini – mostrato a Stati Uniti e alla Germania le conseguenze di quattordici anni di concessioni al governo di Mosca. Il vertice della NATO nel 2008 a Bucarest (visto da molti come un rivoluzionario cambio di rotta rispetto al passato) è stato visto da Zelensky come un’ulteriore grazia e cortesia verso Putin e il suo operato “invadente”.
È il 2 aprile 2008. George W.Bush è all’ultimo anno del suo secondo mandato. Dall’altra parte, Angela Merkel è al comando della Germania da ormai tre anni. Sono i due poli opposti di questo storico vertice della NATO a Bucarest, capitale della Romania. Le tematiche sono tante, come anche i cambiamenti necessari da apportare ad un mondo in stallo tra l’avanzamento asiatico e il terrorismo jihadista. L’inesorabile marcia della NATO verso l’est continua, coinvolgendo a tutto tondo due nuovi Paesi nel sistema internazionale, Albania e Croazia. Di fianco, sono molti i Paesi a cui la NATO ha “chiuso le porte in faccia”: spicca la Macedonia (a cui venne negato l’accesso a causa dell’opposizione greca), ma soprattutto Georgia ed Ucraina, il cui inserimento all’interno dell’Alleanza Atlantica venne posticipato a tempi e modalità ancora da pianificare. Ed è su questi due Paesi che dobbiamo concentrarci. Di fronte ai precedenti tentativi di avvicinamento occidentale, Yuri Baluyevsky (a quel tempo Capo di Stato Maggiore russo) ha annullato e allontanato anni luce ogni avvicinamento tra Russia e NATO. Mosca, infatti, già nel 2008, si disse obbligata a compiere “passi concreti per difendere i propri interessi”, prendendo misure a tutela della sicurezza “anche di carattere militare”. Nonostante le dichiarazioni del Cremlino non abbiano scosso minimamente le intenzioni di Bush – il quale aveva Georgia e Ucraina al primo punto della sua agenda -, lo stesso non si può dire per l’Europa (tutta l’Europa, tra cui l’Italia, non dimentichiamo), al cui centro emergevano le irremovibili obiezioni di Angela Merkel. Riserve ovviamente incentrate sulle preoccupanti risposte di Mosca, sulla possibile “difesa militare” e sui rischi economici che uno scontro porterebbe a tutto il mondo.
Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Norvegia e Italia. Tutti questi Paesi nel 2008 si sono schierati a favore della Germania e nella necessaria attenzione da apporre alle manovre difensive di Putin. Oggi è completamente l’opposto. Quattordici anni dopo, il mondo avrebbe fatto contento George W.Bush, tutti sostengono a spada tratta l’Ucraina e la necessità di un suo ingresso all’interno della NATO. E così, il presidente Zelensky ha deciso di riportare le menti dei suoi ascoltatori (oramai tutto il mondo) a quello storico vertice del 2008, attaccando la Germania e l’ex cancelliera sugli errori fatti in passato. E lo ha fatto, come di consuetudine, senza peli sulla lingua, esortando la Merkel e l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy a recarsi a Bucha in Ucraina per “vedere a cosa ha portato la politica di concessioni alla Russia”. Ha accusato gli europei di aver commesso un “grave errore di calcolo”, proveniente da una “assurda paura” di Mosca, culminata nel rifiuto dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica.
Chi ha ragione? Da un lato, Zelensky pone l’attenzione sulle conseguenze che il mancato ingresso ha portato allo Stato: otto anni di guerra nel Donbass e “la peggiore guerra in Europa dalla Seconda guerra mondiale”. Dall’altro, Angela Merkel (che oggi ha dichiarato la necessità di ogni sforzo del governo federale per placare questa barbara guerra), quattordici anni fa, ha evidenziato la necessità di tempo e processi adeguati per difendere i confini europei da una dittatura spavalda e ancora capace di una guerra. Non possiamo dare una risposta. Non avremo mai le conoscenze necessarie per additare l’ex cancelliera o affermare la tracotanza del presidente ucraino. Non possiamo sapere, soprattutto, se l’annessione ucraina nel 2008 avrebbe evitato o no questa guerra. O, magari, l’avrebbe “solamente” anticipata.