Sono già passati oltre cinque mesi dall’esplosione e la rottura del sistema di gasdotti Nord Stream 1 e 2, situati sotto il Mar Baltico e principali linee di trasporto di gas dalla Russia al territorio europeo (in particolare fino alla Germania). Prima della ricerca del colpevole, analizziamo i danni ambientali che ha portato e che porterà in futuro questa esplosione.
Il caso Nord Stream: i danni ambientali
“Questo [l’esplosione] è davvero brutto, molto probabilmente il più grande evento di emissione mai rilevato”, ha affermato a Reuters Manfredi Caltagirone, capo dell’IMEO per l’UNEP: “Questo non è utile in un momento in cui abbiamo assolutamente bisogno di ridurre le emissioni”. Secondo le 40 stazioni di monitoraggio dell’atmosfera in Europa dello studio svolto dal “Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives” (CEA) francese, si evince che il metano fuoriuscito sarebbe intorno alle 70mila tonnellate, pari circa il 2% dei gas serra annuali generati dalla stessa Francia. I ricercatori di GHGSat, anch’essa in un’analisi con satelliti per monitorare le emissioni di metano, ha stimato che il tasso di perduta da uno dei quattro punti di rottura era di 22.920 chilogrammi all’ora; ciò equivale a bruciare circa 630.000 libbre di carbone ogni ora. “Le emissioni corrispondono al doppio delle emissioni annuali dell’industria petrolifera e del gas in Norvegia. Sono livelli record, mai visto niente di simile prima in Norvegia e Svezia”, ha dichiarato Stephen Matthew Platt, scienziato presso l’istituto norvegese di ricerca sull’aria Nilu.
Nord Stream: un’ecosistema già martoriato
Seppur questi dati, la stessa CEA ha rapidamente escluso il rischio di una “bomba climatica” causata dalla fuoriuscita di metano nell’atmosfera. Nonostante ciò, però, permangono ancora oggi grandi timori sull’ecosistema presente nel Mar Baltico, già gravemente colpito dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici.
“Abbiamo messo un’altra pietra sulla tomba del Baltico. Il rapporto mostra che sono stati fatti molti danni e che molte sostanze tossiche sono risalite nella colonna d’acqua”, ha dichiarato Bo Øksnebjerg, segretario generale del World Wildlife Fund. In particolare, le esplosioni e i conseguenti getti d’acqua hanno smosso più di 250.000 tonnellate di fondale marino contaminato e contenente sostanze tossiche. Tra quest’ultime, in particolare, il cosiddetto Tbt (tributilstagno), una sostanza che potrebbe distruggere la capacità riproduttiva dei pesci presenti nel Mar Baltico.
Una tensione geopolitica internazionale
Di chi è la colpa? Chi ha sabotato i due gasdotti provando non solo un enorme danno ambientale ma un incremento della crisi geopolitica già in atto? Una risposta definitiva non è possibile. Quello che sappiamo, però, è che dall’incidente è cominciato un infinito concorso di colpe tra i principali attori in gioco nella crisi russo-ucraina. Ovviamente, nei primi mesi la colpa venne data a Mosca, accusata di aver compiuto un sabotaggio sia per innalzare la tensione mondiale che per deviare l’occhio internazionale dalle scarse conquiste nel territorio di Kiev.
Secondariamente, invece, la colpa venne incredibilmente data agli Stati Uniti e alla CIA. Un articolo molto controverso pubblicato il mese scorso dal giornalista premio Pulitzer Seymour Hersh ha accusato gli USA di aver sabotato i due gasdotti, con il sostegno dei governi norvegese e svedese. Secondo il giornalista, in particolare, i gasdotti sarebbero stati sabotati durante un’esercitazione Nato nel Mar Baltico, per eliminare la rotta del gas alternativa che dalla Russia arriva direttamente in Germania. Nonostante il duro attacco, questo ultimo “scoop” appare traballante: il complotto descritto, e che avrebbe coinvolto centinaia di persone per interi mesi, viene raccontato da un’unica fonte anonima; nessun documento ufficiale o altri elementi a supporto della tesi sono stati presentati da Hersh.
Infine, martedì 7 marzo, un articolo del New York Times – basato su dichiarazioni di alcune fonti anonime dell’intelligence degli Stati Uniti – ha affermato che a compiere il sabotaggio dei gasdotti sarebbe stato un gruppo favorevole all’Ucraina. Al momento, l’intelligence americana esclude la possibilità di un ruolo centrale del governo ucraino nel sabotaggio, anche se un articolo del giornale tedesco Zeit pubblicato nel medesimo giorno (ricordiamo che Nord Stream 1 e 2 sono di proprietà tedesca) sembra avvalorare questa tesi. In particolare, quest’ultimo articolo afferma come una squadra di sei persone sono giunte nella notte tra il 26 e 27 settembre a bordo di uno yacht noleggiato da una società con sede in Polonia, di proprietà di due cittadini ucraini. Dopo il 26 settembre lo yacht sarebbe stato riconsegnato al noleggiatore e, secondo quanto scritto nell’articolo tedesco, gli investigatori avrebbero trovato a bordo tracce di esplosivo. Nonostante il sempre più possibile coinvolgimento ucraino nell’esplosione, l’articolo sottolinea come non sia da escludere che si sia trattato di un’operazione false flag, cioè un’intervento militare organizzato dai russi appunto “sotto falsa bandiera”, per far ricadere la colpa sullo stato ucraino.
Nord Stream: armi geopolitiche
È il 16 febbraio 2019 e il giornale britannico The Economist pubblica un articolo intitolato: “Il gasdotto Nord Stream 2 è una trappola russa. E la Germania ci è caduta dentro”. Altrettanti articoli pubblicati nei mesi precedenti l’inizio dello scontro sottolineavano la pericolosità politica dei gasdotti: dal costo di oltre venti miliardi di euro, hanno lo scopo di fornire il gas russo all’Europa aggirando lo Stato ucraino. Questa descrizione già dimostra le migliaia controversie possibili dietro il progetto. E il concorso di colpe precedentemente descritto assume una certa importanza.
Elenchiamo, perciò, qualche possibilità “geopolitica”. Gli Stati Uniti potrebbero aver bloccato i gasdotti per bloccare la distribuzione russa e proiettare l’Europa verso il mondo americano. L’Ucraina, similmente, potrebbe essere il colpevole dell’incidente per sabotare una distribuzione di gas che la esclude dal panorama europeo. La Russia potrebbe anch’essa essere il responsabile dell’atto, con il tentativo di incrinare i rapporti nell’Europa e influenzare la politica tedesca (fulcro economico del Vecchio Continente). Tutti panorami plausibili e che hanno tutti in comune un ragionamento di base: la pericolosità dei gasdotti Nord Stream, armi tanto ambientali quanto geopolitiche; possibili deterrenti di una guerra attualmente senza fine.