Novembre 2013. L’attuale presidente filo-russo dell’Ucraina Viktor Yanukòvich si astiene dalla firma di un accordo di associazione UE-Ucraina, restando alleato della Russia di Vladimir Putin e reprimendo le successive manifestazioni con l’intervento delle forze dell’ordine. L’accordo mancato, come mostrato dalla sintesi del testo del Parlamento europeo, aveva lo scopo di iniziare un ambizioso programma di riforme per stabilizzare l’economia, rafforzare le strutture democratiche e consentire un futuro migliore per gli ucraini. Il fallimento ha portato alla nascita di un ampio movimento di protesta, per mesi in lotta in piazza Maidan contro le forze governative appoggiate dal Cremlino e con la vittoria finale nella deposizione del presidente Yanukòvich nel febbraio 2014. Il forte cuore nazionalista che ha accompagnato le rivolte del popolo ucraino nelle piazze venne visto, dai più, come una protezione della democrazia e delle libertà della nazione, di una folla stanca del dominio di Mosca e con la pretesa di legarsi ad un nuovo mondo più “sovrano”. Molti esperti, però, hanno sottolineato le ombre dietro queste manifestazioni, un palcoscenico violento in cui la NATO ha potuto inserirsi e attuare il suo piano di golpe statale e togliere il potere russo negli ex territori sovietici, alimentando poi l’odio di Putin nei confronti dell’Ucraina.
“Euromaidan” è l’epicentro della rivolta ucraina del 2014 nel cuore di Kiev, un focolaio di tre mesi caratterizzato da proteste antigovernative e una crisi internazionale tra Russia e Occidente; ma è anche il nome che gli stessi manifestanti scelsero per descrivere le loro eroiche azioni di pace e autodeterminazione. “Maidan” è la traduzione araba, persiana e ucraina di “piazza”, luogo di aggregazione che, come per gli egiziani in piazza Tahrir nella rivoluzione del 2011, è divenuta un simbolo della democrazia e della pretesa popolare di libertà. Ma è proprio in quella piazza che, il 20 febbraio, più di cento persone, tra cittadini e poliziotti, vennero uccisi da misteriosi cecchini, la cui identità rimane ancora oggi ignota, annualmente aggiornata da informazioni sempre più dettagliate e inquietanti. Secondo una conversazione tra il ministro degli Esteri estone Urmas Paet e l’Alta rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione europea dal 2009 al 2014, Catherine Margaret Ashton, il ministro avanzò il sospetto che i cecchini fossero stati ingaggiati dalla stessa opposizione per scatenare le successive violenze e la deposizione di Yanukòvich: “Tutte le prove dimostrano come siano stati gli stessi cecchini ad uccidere sia la gente che stava protestando nelle strade, sia i poliziotti che cercavano di contenere la protesta”, ha dichiarato il ministro, affiancandosi alle recenti scoperte di investimenti americani nei confronti di mercenari jihadisti che da anni combattono al fianco dell’estrema destra ucraina e del Battaglione Azov nella regione del Donbass.
Pura fantasia o verità? Probabilmente non ne verremo mai a conoscenza. Quello che, però, molti esperti sottolineano è il come considerare queste manifestazioni, se come una “semplice” insurrezione popolare per il raggiungimento della democrazia o un vero e proprio colpo di Stato. Così come la democrazia è il governo di tutto il popolo, un golpe è l’improvviso cambio di governo ottenuto con violenza e mezzi illegali, la partecipazione attiva, nel caso ucraino, di gruppi di estremisti nazionalisti e, secondo molti, neonazisti anti-russi e contro il governo Yanukòvich. Secondo le parole del direttore della testata giornalistica online “Analisi Difesa”, Gianandrea Gaiani: “I programmi politici formulati apertamente da questi movimenti non sarebbero legali in Europa, ma evidentemente nell’ambito del progetto di sottrarre l’Ucraina dall’orbita russa e assestare un duro colpo a Mosca, anche i nazisti possono diventare utili alleati da difendere, mobilitando le forze della NATO”.
Sono dure condanne verso l’Europa. Ma che danno voce e forza ai sempre più esperti che negli ultimi giorni stanno sottolineando (nuovamente) l’inadeguato comportamento della NATO nella gestione della tensione russo-ucraina, le continue esercitazioni militari ai confini di Mosca e il mito dell’eroe consegnato nelle mani di Zelensky. Come con l’attuale guerra, però, l’Euromaidan ha portato alla dura reazione del Cremlino e di Putin, accogliendo la richiesta di annessione della Crimea e costringendo l’Unione Europea ad applicare dure sanzioni alla Federazione, con ripercussioni in tutto il mondo.