Il 2023 è l’anno della politica. Nel seguente articolo verranno descritti e analizzati quelli che possiamo definire gli “appuntamenti politici” del futuro, in particolare le prossime elezioni in quattro stati dal profilo delicato e rilevante per la geopolitica del pianeta.
L’appuntamento più importante: la Turchia (giugno 2023)
Milioni di elettori turchi sono pronti ad affrontare, nel giugno 2023, le fondamentali elezioni gemelle, parlamentari e (soprattutto) presidenziali. Il risultato plasmerà calcoli e rapporti di tutte le grandi potenze del pianeta, Washington e Mosca come principali. “Ciò che accade in Turchia non rimane solo in Turchia”, afferma Ziya Meral, Senior Associate Fellow presso il Royal United Services Institute for Defence and Security Studies; “La Turchia può essere una media potenza, ma le grandi potenze hanno un’interesse nella nazione”. Pendolo per l’Europa (ricordiamo i milioni di migranti siriani pronti ad “invadere” il Vecchio Continente) e legame stretto tra Russia e Stati Uniti nella guerra d’Ucraina, le elezioni della Turchia segneranno in maniera importante anche il futuro del resto del mondo.
Dopo quasi vent’anni al potere, il governo di Recep Tayyip Erdoğan può sembrare ormai inattaccabile – sicuramente più vicino ad una dittatura che alla democrazia. Tuttavia, a causa dell’enorme recessione economica e le varie spaccature interne al partito del leader, l’elezione di giugno sarà la prima dal risultato incerto; o meglio: sicuramente quella in cui Erdoğan non è il chiaro favorito. La crescente frustrazione registrata nella popolazione turca e l’unione di addirittura sei partiti d’opposizione contro il comando, fanno tremare non poco le fondamenta del vecchio leader.
Quanto sono credibili i vari sondaggi sulla popolazione? Che ruolo avrà l’opposizione di fronte al ventennio dittatoriale del leader turco? Secondo Sinan Ulgen, direttore del think tank di Istanbul EDAM, “il suo successore trasformerà la Turchia in un diverso attore di politica estera, più a suo agio con la sua posizione di nazione occidentale”. Le sorti di queste elezioni sono importanti quindi per l’Europa e tutto l’Occidente, dalla questione migranti alla guerra in Ucraina.
L’appuntamento più rumoroso: il Pakistan (ottobre 2023)
Sull’orlo del default economico, reduce da un disastro ambientale senza precedenti, vittima del terrorismo e lacerato più che mai politicamente, il Pakistan si appresta alle elezioni del 2023 con non pochi problemi. Senza entrare troppo nel dettaglio della futura elezione, sono molte le incertezze che attanagliano il territorio asiatico: in primis, ricordiamo l’omicidio in Kenya di Arshad Sharif, giornalista vicina all’ex ministro pachistano Imran Khan; di fianco, l’attentato di novembre (fallito) proprio ai danni di Khan, sopravvissuto dopo un colpo d’arma da fuoco alla gamba.
Inoltre, ancora più preoccupante, è che la retorica e linea di pensiero del numero uno del Movimento per la giustizia del Pakistan (PTI) Khan è identica, ma rovesciata, a quella dei suoi avversari politici: i partiti di governo considerano l’ex ministro un pericolo per la democrazia e responsabile dell’affossamento economico del paese durante i suoi quattro anni al potere, dall’agosto 2018 fino alla mozione di sfiducia nell’aprile dello scorso anno. Una mossa, quella della sfiducia, che per Imran Khan fu il frutto di un complotto orchestrato dagli Stati Uniti, con il benestare dei vertici dell’esercito: da quel momento in poi i rapporti con la potenza oltreoceano si sono incrinati e il futuro risultato delle elezioni sarà, perciò, essenziale per Washington.
Oltre i Mondiali: l’Argentina (ottobre 2023)
Dopo il grande successo nei Mondiali del Qatar 2022 (tanto che il 44% degli argentini vorrebbe Lionel Messi come presidente), l’Argentina deve affrontare un’altra partita ancora più importante. Il futuro Presidente, la metà del Congresso, la camera bassa del Parlamento e un terzo del Senato: la posta in gioco è enorme nelle prossime elezioni, come anche i dubbi sul futuro dell’immenso stato latinoamericano. In particolare, importante sarà il risultato del Fronte de Todos, la coalizione populista e progressista che ha guidato alla vittoria nel 2019: nonostante una dura sconfitta alle elezioni del novembre 2021 per la metà del mandato, la vittoria porterebbe ad una netta svolta “a Sinistra” del continente latinoamericano, per la prima volta da un decennio (ricordiamo, a tal proposito, la vittoria di Lula in Brasile).
Il fronte economico, però, vede problemi tutt’altro che facili da risolvere. Il paese ha combattuto per decenni contro l’inflazione elevata ed è stato a lungo “dollarizzato”. Il Covid-19 non ha fatto altro che peggiorare le cose: oggi, il tasso di inflazione è oltre il 90%, uno dei più alti al mondo e con una previsione di aumento fino al 100% per il futuro. Inoltre, difficili sono gli impegni presi con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), rielaborati costantemente di fronte all’alta povertà dello stato (oltre il 36% della popolazione vive al di sotto della soglia minima).
Le elezioni incerte: la Russia (2024)
La guerra in Ucraina si avvicina al suo primo anniversario e la “guerra lampo” immaginata da Vladimir Putin non è andata a buon fine. I seguenti dodici mesi non saranno altrettanto facili per Mosca: tra dibattiti interni e resistenza al cambiamento, si prospetta un anno determinante per la leadership russa.
L’anno prossimo, anzitutto, ci sarà la scelta del presidente Putin di candidarsi o meno alle elezioni: la modifica della Costituzione nel 2020 gli permetterebbe di rimanere al potere fino al 2036; in alternativa, il leader di Mosca potrebbe trovare un nuovo successore – anche se di nomi non ce ne sono ancora. Una seconda questione, invece, riguarda il futuro della guerra: all’interno delle élite si accentuano le spaccature tra coloro che sono favorevoli o meno allo scontro e molti tecnocrati e funzionari dell’esercito sottolineano una necessaria linea più realistica per il Cremlino.