I timori africani nel conflitto russo-ucraino

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Dopo le varie analisi in Asia, in particolare in Cina e India, nel tentativo di capire una strana ma “economicamente concepibile” neutralità, uno stesso esercizio è possibile svolgerlo nell’immenso continente africano, fucilato da crisi ambientali, guerre e carestie. L’Africa, seppur da molti dimenticata, da decenni vive nelle medesime condizioni degli abitanti Ucraini, anche se le informazioni che giungono nei nostri telefoni sono nettamente inferiori. Il problema africano, indisponibile nell’aiutare Kiev nel conflitto (per ovvie motivazioni di povertà e problemi interni gli Stati), si basa soprattutto nell’ambito economico: come in Oriente, molti Stati dipendono fortemente dalle importazioni ed esportazioni russe e ucraine, e questo conflitto non sta facendo altro che alimentare una situazione già drammatica. Sono quindi molti i territori che, seppur le richieste di pace e diplomazia per il termine dello scontro, preferiscono rimanere su posizioni neutrali e distanti, senza arrivare a condannare esplicitamente le dure azioni intraprese da Putin.

L’invasione dell’Ucraina ha colpito duramente molti Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, soprattutto per l’alta dipendenza da Kiev e Mosca nella fornitura di grano. La chiusura dei porti ucraini e l’interruzione del traffico nel Mar Nero, ha portato ad un incremento del prezzo del grano del 23% a febbraio, un record dal 2015. Lunedì 28 febbraio, infatti, l’Egitto ha ritirato per la seconda volta in due settimane, un bando per l’acquisto di grano, dopo aver ricevuto solamente tre offerte da Francia e USA. I prezzi, ritenuti troppo elevati, hanno aggravato la durata delle riserve per il primo Paese esportatore di frumento al mondo, al momento di ancora nove mesi per una popolazione di 102 milioni di abitanti. 

Diversificare le esportazioni non è così semplice per tutte le Nazioni africane. Se l’Egitto, in qualche modo, ha le disponibilità economiche per farlo, altri Stati come Siria o lo Yemen dipendono per oltre il 50% dalla Russia e il 30% da Kiev nelle importazioni di grano, due Paesi gravemente colpiti dalla povertà e dal fenomeno migratorio. Situazione ancora peggiore quella che persiste nel Libano: di fronte ad una crisi economica e finanziaria che ha fatto precipitare nella povertà l’80% della popolazione dal 2019, il territorio ha “solo quanto basta per durare un mese e mezzo”, secondo il portavoce degli importatori di grano in Libano, Ahmad Hoteit: “l’80% delle 650 mila tonnellate di grano importato proviene dall’Ucraina”, la quale ha interrotto i suoi traffici dall’inizio dell’invasione. La diversificazione delle esportazioni risulterebbe, anche qui, molto complicata, nel momento in cui una fornitura proveniente da USA o Argentina impiegherebbe circa venticinque giorni prima di giungere a destinazione, rispetto ai pochi giorni se importata da Mosca o Kiev. 

La situazione non è, quindi, sicuramente delle migliori. Nonostante ciò, sono addirittura diciassette gli Stati africani che si sono astenuti dal condannare l’aggressione contro l’Ucraina, la metà dei totali di tutto il mondo. Seppur l’Unione Africana, forte di 55 membri, abbia richiesto “il rispetto imperativo della sovranità nazionale dell’Ucraina” (come Cina e India), il distaccarsi da una posizione di neutralità sembra rimanere un problema comune a molti territori. È un problema, quello dell’assenza di una posizione chiara, molto difficile per tutto il mondo, spiegabile probabilmente dalla paura che la Russia instilla in queste Nazioni: “Non il timore di un’offensiva militare di tipo Wagner [società mercenaria di sicurezza privata legata al Cremlino e duramente attiva in molti Stati dell’Africa], ma di essere oggetto di un’offensiva di disinformazione manipolatrice di opinioni” da poter provocare “una forma di paralisi tra alcuni dei nostri partner”, ammettono molti diplomatici e politici della Federazione africana, come anche ovviamente le possibili interruzioni commerciali con Mosca. 

Di fronte ad una guerra e alle sue conseguenze, come abbiamo visto, principalmente economiche, l’Africa fatica a prendere una stabile posizione. Molti Paesi, che sicuramente beneficerebbero nel medio-lungo periodo del termine degli scontri, preferiscono assicurarsi una “porta aperta” verso la Russia, cercando di garantire alla propria popolazione quel che basta per poter sopravvivere. 

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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