Il Business dell’estinzione: si vendono armi o vite?

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Jared Diamond ha scritto nel 1997 un libro intitolato: Armi, acciaio e malattie, nel quale ha voluto spiegare la storia dell’umanità negli ultimi tredicimila anni. In questa sua opera, l’autore ha espresso un concetto interessante per spiegare come si formano gli eserciti e quindi la guerra. In un primo momento gli uomini vivevano in società basilari di cacciatori e raccoglitori, un tipo di comunità che spendeva tutte le proprie energie nel procacciamento di cibo. Quando ci si è stabilizzati e si sono sviluppate le prime civiltà sedentarie è, di conseguenza, nata anche la pratica dell’agricoltura, la quale ha permesso ai nostri antenati di godere di una sovrabbondanza di viveri. Tale avanzamento sociale ha permesso ad alcuni uomini di dedicarsi ad altre attività che non riguardassero il campo alimentare e così nacquero i primi sacerdoti, re, scribi e soldati.

La nascita dei soldati ha portato alla creazione delle prime armi e delle prime tattiche offensive e di difesa. Tali oggetti vennero, in primis, assemblati per combattere gli animali feroci e, in secondo luogo, per attaccare gli uomini stessi. Ora siamo nel 2022, il mondo è cambiato totalmente, eppure i soldati e le armi sono ancora presenti e, anzi, costituiscono uno dei business più grandi che il mondo abbia mai visto. Nel 2018, giusto per mostrare quanto sia mastodontica questa fetta di mercato, vi è stata una spesa globale, inerente al campo bellico, di 1.7 trilioni di dollari. L’industria delle armi presenta cifre altissime che testimoniano come la guerra non si combatta unicamente per difendere un ideale ma anche, e forse soprattutto, a causa di un giro di denaro inimmaginabile. La compravendita di materiale bellico genera annualmente un giro di affari con somme che vanno da 360 a 420 miliardi di dollari. La metà circa di queste cifre viene prodotta da cinque industrie Americane e tre aziende Cinesi, che negli ultimi anni stanno rifornendo gran parte degli eserciti del mondo.

Ma chi è la Nazione che investe di più in ambito militare? L’Oman è il Paese che presenta la maggiore percentuale di spesa bellica in rapporto al PIL, con cifre che si aggirano intorno all’undici percento del prodotto interno lordo. Al secondo posto vi è l’Arabia Saudita, con un rifornimento di armi proveniente in gran parte dall’America, che costa allo Stato quasi 58 miliardi di dollari, il 9% del PIL dello Stato. In termini assoluti, invece, i Paesi che investono maggiormente in tale mercato sono: Stati Uniti, Cina e Russia. Gli USA hanno destinato, secondo stime riportate dal 24 Ore, 778 miliardi di dollari in ambito militare, la Nazione del Dragone 252 miliardi, mentre lo stato guidato da Vladimir Putin “solo” 61.7 miliardi. Sommando le cifre investite dalla seconda e terza classificata possiamo notare come il risultato non arrivi neppure a metà della spesa bellica americana.

In un altro articolo che trattava del “Doomsday Clock”, un orologio simbolico che segna il tempo metaforico rimasto da vivere all’umanità, avevamo espresso come gli scienziati e gli studiosi di tutto il mondo fossero preoccupati riguardo alla situazione bellica e diplomatica tra le diverse Nazioni del mondo. Il clima è teso e le armi che sono state create negli ultimi anni hanno raggiunto una potenza distruttiva mai vista prima. Il conflitto tra Russia e Ucraina sta contribuendo ad incrinare i rapporti tra gli Stati, già in precedenza molto tesi, innalzando così il livello di preoccupazione generale. In un mondo in cui la guerra è un Business, però, a nessuno fa comodo che questa si concretizzi in quanto passerebbe da mercato, composto da soldi e uomini, a tragedia durante la quale l’economia arriverà ad un collasso e il numero di persone diminuirà drasticamente. Questo, tuttavia, non significa che non si possa arrivare alle armi, non vi è nessuna sicurezza, l’unica cosa certa è che se mai si dovesse verificare una guerra questa spazzerebbe via la maggior parte degli esseri viventi presenti sul nostro Pianeta e come diceva Einstein: “Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre”.

All’inizio dell’articolo abbiamo scritto che nel 2018 vennero spesi 1.7 trilioni di dollari in ambito bellico, è incredibile pensare che solo l’1,3% di questa somma è destinata ad aiuti umanitari. Potrebbe essere una mossa sbagliata smettere, di punto in bianco, di produrre armi ma sicuramente non una mossa giusta continuare ad alimentare spropositatamente un mercato che permette ad una specie di estinguersi con le proprie mani.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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