Volodymyr Zelensky. Il “Servo del popolo”. Non è un soprannome dall’accezione negativa e non serve solamente ad indicare il suo forte attaccamento al popolo ucraino. È, soprattutto, il titolo della sua celebre serie televisiva satirica che gli permise in pochi anni di entrare a capofitto nella vita politica e, nel 2019, di diventare il presidente dello Stato.
Nato il 25 gennaio 1978 a Krivoj Rog, il quarantaquattrenne, dopo una breve parentesi come avvocato, ha deciso di dedicarsi a tempo pieno alla recitazione. Inizialmente con una compagnia di danza, ha preso poi parte, dal 2009 in poi, a diversi film nazionali, cominciando una importante carriera nello spettacolo e fondando in seguito “Kvartal 95”, società con la quale vende i propri spettacoli e contenuti mediatici. Il successo arriva, però, soltanto nel 2015 con la serie televisiva di satira “Servo del Popolo”: interpretando il personaggio di Vasyl Holoborodk, un insegnante di storia che grazie a diversi video cominciò a raccontare della forte corruzione statale con toni molto forti; virale, il video gli permise di entrare nel mondo politico e divenire presidente dell’Ucraina con l’appoggio di tutta la nazione. Infine, nel 2016 prende parte all’edizione ucraina dello show televisivo “Ballando con le Stelle”, aumentando così ancora di più la sua popolarità e decidendo ufficialmente di inserirsi in politica.
Nel marzo 2018 viene fondato il partito “Servo del Popolo”, annunciando al termine dello stesso anno la volontà di prendere parte alle elezioni presidenziali, promettendo una nuova democrazia diretta e di combattere contro la corruzione dilagante nel Paese proprio come nella serie televisiva che lo ha reso famoso. Guidare l’Ucraina è sempre stato un ruolo delicato, soprattutto dall’avvicinamento dell’ex presidente Petro Porošenko (sconfitto alle elezioni del 2019 con il 73% dei voti al secondo turno) alle posizioni Atlantiche, un abbraccio agli Stati Uniti che destò non pochi problemi con Mosca, culminati con l’annessione della Crimea e il conflitto nel Donbass.
Non mancano, però, alcune ombre di questa ascesa politica. Molti studiosi e oppositori evidenziano la forte vicinanza con l’oligarca ucraino Igor Kolomoisky, uno degli uomini più ricchi del Paese e forte oppositore di Porošenko, finito al centro di diverse questioni finanziarie. Il sospetto è che tutta la campagna elettorale di Zelensky sia stata non solo finanziata dall’oligarca, ma anche ideata e spinta dalla controversa figura.
Nonostante quest’ombra politica, Zelensky vinse con netto vantaggio e attirò a se la gran parte dell’opinione pubblica con la necessità di risolvere i duri conflitti nella regione filo-russa del Donbass. Dopo un inizio promettente, le riforme strategiche dell’ex attore si sono arenate, dovuto all’inasprimento delle battaglie di posizione con la Russia e l’inizio dell’invasione pochi giorni fa.
La sua autorevolezza e credibilità convivono ancora con gli ideali dei cittadini ucraini, spinti da un desiderio di vendetta verso Mosca e Putin. Il forte nazionalismo portato in gioco deve, però, scontrarsi con la seconda forza militare più grande del mondo, ancora cieca di fronte ai danni umani che sta causando e spinta da un irrefrenabile desiderio di ricostruzione dell’Impero Sovietico. Il duello tra il “Servo del Popolo” e lo “Zar di ghiaccio” è completamente a sfavore del primo: seppur l’appoggio occidentale e di quasi tutto il mondo, il totalitarismo russo non permette di scendere a compromessi o sperare in una vittoria militare, che porterebbe ad un numero di vittime sicuramente maggiore rispetto a quelle che ci giungono in questi giorni nei media o telegiornali.