Quale strada dobbiamo seguire? Questa è la questione fondamentale che tanto in passato quanto nei giorni odierni attanaglia e persiste nelle sale principali della Repubblica Popolare Cinese. Alla base di questa domanda si instaura il pensiero e le teorie del cosiddetto “socialismo con caratteristiche cinesi”.
Socialismo con caratteristiche cinesi
In 74 anni dalla sua fondazione, il 1° ottobre 1949, la Repubblica Popolare Cinese è riuscita a liberarsi dalle catene della dipendenza economica e politica dell’imperialismo (sovietico e statunitense in particolare durante la Guerra Fredda) e, soprattutto, dal sottosviluppo. Nel giro di pochi decenni è divenuto il player asiatico principale e lo Stato più popoloso al mondo. È stato attore della più grande rivoluzione politica, economica e sociale (meno dal punto di vista sociale), eliminando la povertà per centinaia di milioni di individui. Attualmente, è la seconda economia più grande del globo in grado di minare le solide fondamenta americane che durano da oltre un secolo. Tutto ciò si deve al “socialismo con caratteristiche cinesi”.
Coniato per la prima volta da Deng Xiaoping (leader supremo della RPC dal 1978 al 1989) nel 1982, il concetto di socialismo con caratteristiche cinesi mira a ridefinire i rapporti tra pianificazione e socialismo, economia di mercato e capitalismo. Il sistema mira perciò a preservare le istituzioni del socialismo e della proprietà pubblica importando sofisticate esperienze di gestione e meccanismi di mercato avanzati dai paesi sviluppati. “Lo sviluppo è il principio assoluto. Dobbiamo essere chiari su questo problema”, affermò Deng; e l’accrescimento dell’economia cinese ne è una dimostrazione: il prodotto interno lordo (PIL) è cresciuto da 149,54 miliardi di dollari nel 1978 a 14.342,9 miliardi di dollari nel 2019, mentre il suo PIL pro capite è passato da 156 a 10.262 dollari.
I concetti fondamentali
Il primo dei tre concetti fondamentali del socialismo con caratteristiche cinesi – oltre ad essere quello più importante – è quello del cercare la verità attraverso i fatti. Rappresenta, in particolare, un invito a considerare i fatti economici come unici elementi capaci di validare un corso politico; stabilire la dismissione di qualsiasi linea politico-governativa che “fuoriesca” dalla realtà e incapace di assicurare alla grande nazione asiatica una crescita esclusivamente economica.
Il secondo concetto, il più particolare, è quello di “stadio primario del socialismo”. Secondo questo principio, la Cina, prima di approdare al comunismo, deve attraversare un periodo di transazione di almeno cent’anni, quindi dal 1949 al 2049 (seguendo alla lettera il pensiero di Deng). Lo scopo è quello di concentrarsi ovviamente sullo sviluppo delle forze produttive e sull’eradicazione della povertà statale; e le motivazioni, secondo Deng, è che il vero comunismo non può sussistere senza una primigenia e significativa accumulazione della ricchezza.
Terzo e ultimo punto rappresenta la volontà di realizzare un’economia orientata al Mercato, il modo più efficiente per garantire un rapido sviluppo delle forze produttive. Lo stesso Deng, nel 1994, affermò che il Mercato si può definire socialista nel momento in cui viene sfruttato per l’affermazione del comunismo nel lungo periodo; esso si andrà quindi a differenziare dal mercato occidentale per due tratti distintivi: il predominio del settore pubblico e l’attinenza al Piano economico quinquennale (sebbene negli ultimi anni quest’ultimo sia divenuto sempre meno rilevante e, soprattutto, meno stringente).
Il percorso di sviluppo della Cina è solo all’inizio… forse
L’impressionante sviluppo della Cina negli ultimi decenni mostra una sola cosa: non c’è nazione, ad oggi, con potenzialità così alte come lo stato del Dragone. Solo gli Stati Uniti, forse, al termine della Seconda guerra mondiale potevano pareggiare l’incremento economico odierno della Cina.
La particolarità del cosiddetto “socialismo con caratteristiche cinesi” è la facilità di riadattarsi al contesto internazionale dello stato, la possibilità di rivedere e modificare i concetti fondanti in base alle relazioni economiche e geopolitiche di Pechino. È, al contempo, un concetto estremamente capitalista, lontano dalle ideologie con cui sia la Cina che l’Occidente hanno sempre dipinto la nazione asiatica. Un concetto, perciò, basato su un ossimoro economico: capitalismo e comunismo non possono stare insieme. Vero; ma non in Cina. Elevare il comunismo in Asia, la pretesa di divenire – come nella Guerra Fredda contro l’URSS – il principale player comunista asiatico ed esportare le radici di tale tradizione marxista nel mondo rimane ancora l’obiettivo ultimo, quello che si raggiungerà (forse) nel 2049: ma per raggiungerlo l’unico modo è attraverso il “nemico” del comunismo, il suo opposto, il suo ossimoro, il Capitalismo. Questo fatto, di conseguenza, andrebbe a giustificare l’“invasione” cinese che soprattutto l’Europa e l’Africa stanno attraversando, una conquista (sempre meno militare) ed un’esportazione della cultura dell’Asia.
È un’altra, però, la particolarità da sottolineare di questo socialismo con caratteristiche cinesi. Rappresentato dal secondo punto analizzato in precedenza: la Cina è nello stadio primario del socialismo. Quest’affermazione significa che la Cina è solo all’inizio del suo sviluppo economico e politico; è appena cominciata l’evoluzione che porterà non tanto a divenire la prima potenza mondiale (a quello ci è già vicino), ma a raggiungere lo stadio principale del Comunismo. Cosa significa tutto ciò? Lo sviluppo cinese è, secondo il Partito e i concetti di Deng, ancora agli albori, in una fase primordiale di crescita. E visto lo stato attuale dell’economia cinese c’è molto di cui preoccuparsi.
La conclusione dell’articolo si focalizza, però, sulle difficoltà che la Cina sta affrontando negli ultimi anni. Problematicità che allontanano parecchio il raggiungimento della fase ultima del Comunismo, degli obiettivi di Deng. L’era Xi Jinping sta affrontando innumerevoli ostacoli che, forse, non si aspettava di dover incontrare: la pandemia (e il “crollo di popolarità” mondiale causato dalla fuga in laboratorio), il problema demografico, il preoccupante sistema di controllo tramite “crediti”, la crescita di altri player internazionali, anche in Asia (guardiamo infatti con attenzione all’India) e i rapporti comunque controversi con la Russia durante questo periodo di guerra. La Cina è sì il player più importante del globo (probabilmente anche degli USA stessi), ma – come gli Stati Uniti decenni fa – sta affrontando già le prime problematiche economico-sociali, limiti che ostacolano il raggiungimento del “socialismo con caratteristiche cinesi”. L’obiettivo finale della Cina (non per forza il Comunismo), perciò, potrebbe essere raggiunto (molto più in futuro) da un altro stato differente dal grande player asiatico.