L’Italia è l’anello debole d’Europa?

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Il nuovo governo italiano “ha dato poche ragioni di preoccupazione agli investitori per ora. Ma i timori potrebbero riaffacciarsi con la crescita che rallenta, i tassi di interesse che salgono e le emissioni di debito”. Così ha affermato Veronika Roharova di Credit Suisse, affiancandosi alle recenti affermazioni del Financial Times riguardo l’Italia come anello debole dell’Eurozona. Secondo il quotidiano economico-finanziario britannico, una nuova crisi del debito sarebbe, perciò, in agguato nel Vecchio Continente e il paese più a rischio di tutti sarebbe proprio la nostra bella penisola. Il punto di partenza per le preoccupazioni è sempre quello: il debito pubblico; uno dei più alti in Europa e che occupa il 145% del Pil. Le “maggiori esigenze di rifinanziamento del debito” e la situazione politica “potenzialmente delicata”, secondo le parole di Marco Valli (capo economista di UniCredit), sono i due fattori principali della vulnerabilità italiana e che la renderebbero, appunto, l’anello più debole dell’Eurozona. È veramente così? Discutiamo in questo articolo della veridicità delle affermazioni britanniche e del possibile futuro della nostra nazione. 

 

Che guardassero casa loro!

Non ci sono dubbi della situazione delicata che sta affrontando e dovrà affrontare l’Italia: benzina, energia, politica e debito pubblico sono aspetti che non si possono nascondere dietro belle promesse. Bisogna, però, non sottovalutare anche gli altri paesi, in primis la grave situazione che sta attanagliando proprio il luogo della sede del Financial Times, la Gran Bretagna.

Tasse in aumento per cittadini e imprese, e tagli alla spesa per riempire il “buco” da 55 miliardi di sterline nei conti pubblici. Una necessità presentata pochi mesi fa dal ministro della Finanza e cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt, nel tentativo di riportare stabilità e credibilità alla Gran Bretagna. In particolare, il carico fiscale diventerà il più pesante dal dopoguerra, salendo dal 36,4% di fine 2022 per arrivare – secondo le stime – al 37,5% del Pil nel 2024. Il Fondo Monetario, invece, vede per Londra un arretramento del Pil dello 0,6% per l’anno corrente, il peggior dato tra le economie europee e persino di Mosca. Secondo la multinazionale newyorchese Bloomberg, infatti, l’abbandono britannico dell’UE costa all’isola oltre cento miliardi di sterline l’anno e continuerà ad incidere profondamente sulla crescita.

 

Oltre il debito: hub nel Mediterraneo

Già affermato più volte dal nuovo governo Meloni, una delle più importanti possibilità per la nostra penisola di “riscattarsi” a livello europeo e internazionale è divenire un hub strategica nel Mediterraneo. Ma cosa significa? Analizziamo due linee di “conquista” strategica per l’Italia.

Durante la Seconda guerra mondiale, Malta era sotto il dominio della Corona Britannica e la rendeva una delle principali spine nel fianco della nostra penisola: nonostante la superficie limitata dell’isola, l’Italia perse ingenti risorse destinate alla colonia libica a causa delle incursioni britanniche. No, non stiamo in nessun modo sottolineando la necessità italiana di conquistare l’arcipelago maltese: una “amicizia” con l’isola, però, risulta fondamentale per raggiungere con “estrema serenità” le coste nordafricane. Il primo obiettivo di Roma (e del nuovo governo) per divenire un hub strategica, è migliorare i rapporti con i grandi protagonisti che si affacciano sul Mare Nostrum, innanzitutto Malta (da un punto di vista prettamente economico) e i paesi del Nord Africa (portando pace, sicurezza e stabilità, prima fra tutte la Libia). 

Secondariamente, per affrontare principalmente la crisi innescata dalla guerra in Ucraina, l’Italia deve divenire un hub centrale per la distribuzione di energia. Libia, Azerbaijan e Algeria (in quest’ultima Giorgia Meloni ha recentemente compiuto una visita per stabilizzare i rapporti) sono tre possibili fonti di approvvigionamento di gas essenziali e alternative a Mosca. La ripresa della vecchia politica del fondatore di Eni e deputato della nostra Repubblica, Enrico Mattei, nei confronti dei grandi stati nordafricani è una necessità per l’obiettivo nel Mare Nostrum: un piano, però, non solo economico, ma che deve contornarsi di un’ideale politico da “espandere” nelle terre africane. 

 

Anello debole?

Ma quindi: l’Italia è l’anello debole d’Europa? Da un lato, debito pubblico spaventoso; dall’altro, grandi stati dell’Eurozona in una crisi peggiore della nostra. La risposta a questa domanda non esiste attualmente e due sono le opzioni: aspettare “immobili” una nuova crisi del debito (e lì sì che diverremmo la spina nel fianco per l’Unione Europea) o muoversi alla ricerca di soluzioni alternative, in primis per stabilire un’egemonia energetica ed economica nel grande mare su cui siamo affacciati. Pecora nera o anello debole che sia, l’Italia non è l’unica a dover affrontare tali problemi: la crisi – geopolitica, politica ed economica – è un fenomeno che sta affondando velocemente tutto il Vecchio Continente… ma questo è tema per un prossimo articolo.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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