Macron sempre più presidente: il dibattito del 20 aprile

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Mercoledì 20 aprile si è tenuto in diretta televisiva nazionale il dibattito tra i due candidati alla presidenza della Francia: l’uscente de “La République En Marche”, Emmanuel Macron, e la leader del Rassemblement National Marine Le Pen. È stato l’unico prima del ballottaggio di domenica e che – probabilmente – ha segnato definitivamente il prossimo vincitore e presidente per i prossimi cinque anni. 

Il lungo dibattito – durato due ore e mezza – è stato condotto (come di consuetudine) da una giornalista che lavora nel servizio televisivo pubblico e da una giornalista di un canale privato: avranno il compito di fare domande nel modo più neutrale possibile, e mentre uno dei candidati parlerà il microfono dell’avversario avrà il volume abbassato. Sono scontri-confronti studiati e preparati nei minimi dettagli, dal classico sfondo blu alla temperatura di 19°C sul palco. Entrambi i leader hanno scelto strategie differenti per prepararsi e arrivare al confronto. Marine Le Pen, che nel 2017 aveva tenuto incontri elettorali fino a poco prima del confronto e che al dibattito era arrivata chiaramente esausta, dopo la trasferta di lunedì in Normandia ha scelto di isolarsi per un giorno e mezzo per prepararsi al meglio al dibattito. D’altro canto, Macron è intervenuto in diversi studi televisivi, martedì ha avuto importanti colloqui diplomatici sulla guerra in Ucraina e la mattina di mercoledì sarà presenta al Consiglio dei ministri. Strategie opposte, che mostrano il leader de “La République En Marche” dedito ai suoi impegni politici, volendo quasi dare l’impressione di non doversi realmente preparare all’incontro. “Lui è il presidente […] Ha obblighi relativi a questa funzione. Quindi, chiaramente, non ha intenzione di isolarsi con gli amici in una seconda casa per settantadue ore”, ha dichiarato a “Libération” uno dei suoi consiglieri. 

Lo spettro di ripetere lo stesso “siparietto” di cinque anni fa si insinua nelle teste dei due leader, entrambi intenzionati a voler far meglio rispetto l’ultimo dibattito. Era il 3 maggio 2017 e come un vero e proprio show americano, i due candidati avevano lasciato il popolo francese prima delle urne con un dibattito a dir poco aggressivo e confuso. “Brutale e disordinato” (LeMonde), “un violento combattimento verbale” (New York Times), “una rissa all’americana” (Washington Post), una discussione che aveva ben poco di presidenziale, fatta di continue interruzioni, sorrisetti e insinuazioni. Né Macron né Le Pen avevano avuto la possibilità di spiegare bene le rispettive proposte, anche se l’istituto “Elabe” ha dichiarato il primo come il più convincente. 

Cinque anni dopo, possiamo chiaramente affermare che la situazione è migliorata. Addirittura il moderatore ha elogiato i due interlocutori per aver rispettato correttamente i tempi di parola: “Siamo migliorati in questo”, scherza Macron; “Siamo invecchiati”, ribatte divertita Le Pen. Ma l’esito finale somiglia, nuovamente, a quello del 2017. Al termine delle due ore e mezza, il sondaggio tra i telespettatori (condotto dall’Elabe Institute per BFMTV e L’Express) ha dichiarato che il 59% dei telespettatori ha designato vincitore della “partita” il presidente uscente, contro il 39% del candidato di estrema destra. Macron – sicuramente più disinvolto – ha mantenuto il suo approccio presidenziale, senza però mai apparire arrogante e gestendo al meglio il duello televisivo. Nonostante varie parti “tecniche” (come la prima sul potere d’acquisto), la maggior parte del duello è risultato facile all’ascolto, mostrando un Macron completamente all’attacco e con l’obiettivo (abbastanza evidente) di voler smascherare Marine Le Pen.

La leader di estrema destra ha provato a giocare sul terreno dell’avversario, la credibilità, e si è disarmata. Molto più moderata rispetto a cinque anni fa, Le Pen ha cercato di non apparire aggressiva o troppo “emozionale”, ma il risultato non è stato ottimale. La candidata del Rassemblement National è, infatti, apparsa un po’ contenuta, ha mancato di tenacia quando aveva anche la possibilità di mettere Macron alle strette. Quest’ultimo ha fatto di tutto per porla alle strette, interrompendo spesso la candidata e guardandola con occhi alzati e braccia conserte. Il vero attacco – e momento clou – nel dibattito del presidente uscente non poteva che essere l’argomento “Russia-Ucraina”: “Lei dipende dal potere russo e da Putin”, ha affermato l’inquilino dell’Eliseo, ricordando il prestito che il partito di Le Pen ha contratto con una banca russa per finanziare le sue campagne elettorali.

Che piaccia o no, nuovamente, siamo di fronte ad una “cancellazione” di Marine Le Pen, del suo fuorviante populismo e del suo estremismo mascherato. Per la seconda volta di fila, Emmanuel Macron ha saputo consegnare ai francesi un’immagine dell’avversaria debole, non più arrogante ma stanca, poco interessata, fragile rispetto al presidente. È essenziale aspettare a domenica per scendere a conclusioni definitive ma, molto probabilmente, l’audacia di Macron e l’incertezza di Le Pen hanno segnato il 26° Presidente della Repubblica francese.  

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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