Marocco, i coltivatori del Rif non possono abbandonare il mercato illegale

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Il 2023 potrebbe essere il primo anno di raccolto legale di cannabis in Marocco, dopo che nel maggio 2021 il parlamento adottò la legge 13-21 sull’uso legale della pianta per scopi medici, cosmetici e industriali. Nonostante alcuni coltivatori del Rif – la regione montuosa nel nord del Marocco dove risiedono le più grandi piantagioni di cannabis al mondo – abbiano deciso di schierarsi dalla parte della legge, altrettanti continuano a rimanere titubanti rispetto alla nuova normativa e a non abbandonare gli agganci con il mercato illegale.

 

La legalizzazione della cannabis in Marocco

Facciamo un passo indietro. Il 2 dicembre 2020, la Commissione sugli stupefacenti (CND), il principale organo decisionale delle Nazioni Unite sul controllo della droga, ha rimosso la cannabis dall’elenco delle droghe più pericolose. Questa decisione, sostenuta da 27 paesi contro 25, non è in particolare favorevole alla legalizzazione della cannabis in tutto il globo; tuttavia, implica che la sua produzione e commercializzazione rimangano riservate all’uso scientifico e medico ai sensi del diritto internazionale.

È così che nel maggio 2021, il parlamento marocchino ha adottato la cosiddetta legge 13-21 sull’uso legale della cannabis per scopi medici, cosmetici e industriali. Il governo ha sottolineato che lo scopo di tale normativa è quella di valutare e ovviamente contrastare i potenziali impatti della coltivazione sui mercati illeciti e di strutturare un meccanismo per migliorare i mezzi di sussistenza degli agricoltori, proteggendoli dalle reti del traffico di droga.

Regolarizzare il mercato del Kif – la principale droga marocchina, leggera e a base di hashish – significherebbe garantire una protezione dall’illegalità per circa un milione di persone, le quali da decenni vivono nelle aree del nord del Marocco dove la cannabis è la principale attività economica. Secondo un rapporto annuale delle Nazioni Unite nel 2018, infatti, venne stabilito che circa il 70% dell’hashish europeo provenisse dal Marocco, rendendo il regno il più grande produttore ed esportatore al mondo: “Il Marocco rimane il più grande produttore mondiale di cannabis, producendo oltre il triplo del concorrente successivo, la Moldova”, recitava il rapporto, stimando anche che il mercato illegale della cannabis marocchina valesse circa 8,84 miliardi di dollari.

 

La titubanza dei coltivatori

Nonostante ci siano i presupposti giuridici per completare la legalizzazione del più grande mercato di hashish al mondo, nelle regioni nord del Marocco è ancora difficile percepire gli effetti della nuova normativa, che sembra seminare per il momento più dubbi che entusiasmi. “Quello che temo è che i profitti vadano allo Stato, ai laboratori, alle multinazionali, e che noi restiamo indietro”, lamenta un coltivatore di Kif cinquantenne a LeMonde. “A chi e a che prezzo venderemo? Quali semi? Saranno adatti? Non abbiamo altro che kif. Non correremo il rischio di perdere tutto”.

I vari legislatori ed esperti sottolineano le grandi opportunità della nuova normativa, la quale potrebbe portare speranza e un flusso di denaro nettamente superiore rispetto al mercato nero – che attualmente a stento avvantaggia le circa 400.000 persone che ne dipendono totalmente. A tal proposito, infatti, solo il 4% del fatturato del mercato illegale andrebbe agli agricoltori, secondo il ministero dell’Interno. “Il circuito legale garantirà loro redditi da quattro a cinque volte superiori a quelli che guadagnavano illegalmente”, ha assicurato Mohammed El Guerrouj, direttore di Anrac. “Attraverso le loro cooperative, sono loro che negozieranno i prezzi. Avranno un reddito fisso, che darà loro visibilità per investire e migliorare il proprio stile di vita”. Tuttavia, rimane un grande problema: convincere i coltivatori, che da generazioni vivono grazie alla coltivazione della pianta e che solo due anni fa hanno visto il mercato internazionale accettare in via legale la cannabis. “Parliamo di coltivatori che padroneggiano perfettamente i codici dell’illegalità, ma non quelli della legalità. E che fuggono da tutto ciò che rappresenta lo Stato a causa della repressione e dell’abbandono di cui sono vittime da tempo. Ci sarà resistenza”, prevede l’antropologo Khalid Mouna, autore anche del celebre libro “Le Bled du kif” (2010).

Il più grande mercato di cannabis al mondo potrà utilizzare la pianta in via legale solo, quindi, per il mercato farmaceutico, cosmetico e industriale; il mercato illegale, perciò, non potrà che rimanere ancora molto potente, andando a servire la domanda di cannabis ricreativa che ancora rimane illegale nel paese.

Per leggere un approfondimento riguardo alla legalizzazione della cannabis in Germania, di seguito trovi il link all’articolo.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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