Il PNRR è probabilmente la più grande possibilità per l’Italia di riprendersi dalla crisi pandemica e dalla guerra in Ucraina e, soprattutto, per riottenere quel “fascino europeo” che manca oramai da svariati anni (dopo la breve parentesi Draghi). Il piano (più precisamente chiamato “NextGenerationEU“), che porterebbe all’Italia un totale di 191 miliardi di euro, è tuttavia danneggiato dagli instabili equilibri di governo e, di conseguenza, dalla poca fiducia di Bruxelles nei confronti della neo-leader italiana Giorgia Meloni e del suo entourage.
L’ultimo ostacolo, in particolare, è avvenuto negli ultimi giorni di maggio quando il governo Meloni è intervenuto per limitare il controllo della Corte dei Conti sull’attuazione del PNRR, decisione sostenuta e giustificata (in maniera fuorviante) dal ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto.
“Sul PNRR ci controlla l’UE, non la Corte dei conti”
“Sul PNRR i controlli sono prima di tutto quelli della Commissione europea. In questa fase delicata, serve una collaborazione istituzionale tale da non pregiudicare alcun elemento della trattativa alla luce di verifiche che non sono quelle tipiche della Corte dei Conti”, così ha affermato il sottosegretario al Mef Federico Freni, durante il suo intervento al Festival dell’economia di Trento. Passaggio saltato grazie all’emendamento presentato dal Governo in commissione Affari costituzionali e Lavoro della Camera che sottrae, appunto, al controllo della Corte dei Conti tutte le spese dei fondi del PNRR.
In particolare, Freni esplicita la necessità di garantire “una primazia dei controlli europei sui controlli nazionali”, per evitare che obiezioni dei magistrati contabili finiscano per trasformarsi in ulteriori ostacoli nel già complicato negoziato con la Commissione europea.
Le critiche – ovviamente dell’opposizione – non sono tardate ad arrivare, richiedendo il ritiro di una proposta che lederebbe “l’equilibrio tra i poteri”, secondo le parole del capogruppo del PD Francesco Boccia. Prima di capire, tuttavia, il motivo per cui c’è stata la necessità di eliminare il controllo dell’organo, è necessario capire il ruolo generale della Corte dei Conti. Essa è, infatti, l’organo di rilevanza costituzionale che svolge funzioni di controllo e giurisdizionali nelle materie di contabilità, nonché amministrative e consultive. Questo suo controllo, perciò, garantisce la corretta gestione della spesa pubblica e svolge il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo (secondo l’articolo 100 della Costituzione). Nel dettaglio, tra le varie funzioni c’è anche il cosiddetto controllo concomitante, svolto da un particolare collegio composto da magistrati contabili. Un controllo, perciò, attuato su progetti e investimenti finanziati dallo Stato in corso di svolgimento e istituito con la legge n. 15 del 4 marzo 2009, anche se rimasto solo “sulla carta” per più di dieci anni. Il secondo governo guidato da Giuseppe Conte, successivamente, lo ha riportato ad attualità con il decreto-legge n. 76 del 16 luglio 2020: l’articolo 22 di quel decreto stabilisce che il controllo concomitante deve essere svolto dalla Corte dei Conti anche sui “principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale”. E, ovviamente, al suo interno non può che esserci il PNRR.
Il fuorviante commento di Fitto e l’opposizione europea
Il 31 maggio, durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi, e il 1 giugno, durante un question time in Senato, Roberto Fitto ha provato a spiegare il perché dell’intervento del governo sulla limitazione del controllo. Non staremo qua ad analizzare tutti i commenti scorretti del ministro (ampiamente descritti da Pagella Politica). Tuttavia, una possibile considerazione – compiuta infatti dallo stesso Fitto – è quella del fatto che, seppur istituito nel 2009, il controllo concomitante è rimasto inattuato fino al 2021, e che questa funzione perciò non è nata per il PNRR. Nonostante ciò, il piano europeo rientra già che appieno tra i “principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale”, formula con cui il decreto del governo Conte ha individuato il perimetro dell’oggetto del controllo concomitante.
Lo scontro con la Corte dei Conti non è ovviamente passato inosservato, tanto che la stessa Unione ha deciso di commentare l’accaduto. Il luogo di battaglia, quindi, sembra essersi spostato da Roma a Bruxelles, con quest’ultima che ha annunciato di voler accendere un faro sulla vicenda e che “monitorerà con attenzione” lo sviluppo della misura decisa per limitare il controllo preventivo sulla spesa dei fondi del PNRR. Seppur per Giorgia Meloni l’intervento europeo è risultato assolutamente scomposto, tale fatto pone eccessivi problemi sulla fattibilità totale dell’investimento. Infatti, non solo il mancato controllo della Corte rischia di far ritardare nuovamente le rate europee, ma soprattutto mette a repentaglio l’invio totale della somma scommessa da Bruxelles sul nostro paese.