Dall’ascesa bolscevica e della figura di Lenin, la Russia ha sempre operato un duro regime contro il mondo dell’opposizione. Dall’eliminazione di Lev Trotzky nel 1940 (oppositore di Stalin) alle purghe staliniane contro gli oppositori del partito, giungendo oggi al tentativo di omicidio e avvelenamento ad Alexei Navalny. Scavando nella storia politica russa, potremmo scovare infiniti casi di oppositori ammutoliti dal regime zarista, da un governo che – a differenza dell’appiattimento tecnologico cinese (articolo: “Il sistema del credito sociale in Cina”) – ancora con il piombo e il sangue preferisce zittire le voci ostili all’interno della Federazione.
Campione del paradigma liberale, Alexei Navalny è l’ultimo caso di tentativo di annullamento dell’opposizione da parte del governo di Vladimir Putin. Per molti l’unica incorruttibile speranza per il futuro della Russia, inizia la sua esperienza politica con lo scopo di mostrare al mondo come il “nazionalismo moderno russo sia molto legato all’Europa” e meno estremista di quanto sembri. Dopo un periodo controverso e vicino a figure molto legate ad orientamenti filo-nazisti e xenofobi, inizia la sua ascesa mediatica con l’apertura di un blog e canale YouTube, che ad oggi ha quattro milioni di follower. Nel 2011 partecipa, come leader, alle dimostrazioni popolari contro i presunti brogli alle elezioni parlamentari vinte da Putin, portandolo alla condanna di cinque anni di prigione e iniziando la sua lotta contro l’attuale presidente. Da questo momento in poi, assalti, tentativi di omicidi e il divieto di partecipare alle elezioni presidenziali rendono sempre più difficile l’opposizione di Navalny. Tutto ciò fino al 2019, quando, dopo una condanna di trenta giorni di carcere per una manifestazione non autorizzata, venne ricoverato per un tentativo di avvelenamento; poco più di un anno dopo, nell’agosto del 2020, stessa situazione: malore in aereo, atterraggio di emergenza e trasferimento in Germania, dove gli viene diagnosticato un tentativo di avvelenamento con un agente chimico denominato Novichok. Rientrato dal ricovero viene arrestato e imprigionato in condizioni inumane, senza che possa giungere qualsiasi notizia sulla condizione fisica: “Il nostro paziente può morire in qualsiasi momento”, rischiando un arresto cardiaco “da un momento all’altro”, hanno affermato i medici personali di Navalny.
Questo breve racconto mostra una distruttiva difficoltà di opposizione verso l’attuale governo di Vladimir Putin; nonostante ciò, il malcontento e l’opposizione popolare verso il governo assume un peso sempre più elevato, anche se ancora pochi movimenti seri sono avvenuti a livello governativo. Putin forever? Tipicamente, il successo di un’elezione dipende specialmente dall’affluenza ai seggi: più persone votano, più la possibilità di ottenere voti aumenta. Ma, a differenza della maggior parte dei Paesi del mondo, la Russia di Putin sembra scoraggiare il voto, provando a convincere gli elettori di un esito già scontato: come evidenzia l’Economist, “Se rimangono a casa (i cittadini), la Russia Unita dovrebbe vincere a mani basse […] Inoltre, se l’affluenza è bassa si eviterà la necessità di vistosi brogli, e con essi il rischio di proteste di massa”; a coronare questo circuito di “disincentivo capillare”, il Cremlino ha imposto restrizioni agli osservatori sulle operazioni di voto.
Giungiamo, quindi, all’oggi, alla guerra in Ucraina. Per quanto sia impossibile sapere esattamente cosa pensino i circa 144 milioni di russi, diverse cose successe negli ultimi giorni suggeriscono che una parte rilevante della popolazione disapprovi l’invasione militare del presidente Putin. Yury Dud, influencer popolare in Russia con i suoi cinque milioni di follower su Instagram, continua a condividere post contro le azioni governative della Federazione e di come abbia sempre vissuto “in uno Stato autoritario”. Ian Garner, storico russo, ha evidenziato come molti post e commenti scettici appaiono quotidianamente su VKontakte, il “Facebook russo”. Elena Kovalskaya, direttrice di un famoso teatro nazionale e centro culturale di Mosca, ha dato le dimissioni sostenendo che sia “impossibile lavorare per un assassino ed essere pagati direttamente da lui”.
Malgrado queste storie, l’opposizione russa rimane debole e – come ben vediamo – Putin e il suo entourage non si stanno facendo alcun problema ad andare contro il volere popolare, bombardare centri urbani e non permettere l’attuazione di ponti umanitari. Seppur sempre più “voci” ci dicono che i russi “non sono d’accordo con l’invasione”, ancora una grande fetta della popolazione rimane indifferente agli accadimenti, o per disinteresse o per paura di ribellarsi ad un governo totalitario e dittatoriale.