Lunedì 13 febbraio si sono concluse le elezioni regionali per Lazio e Lombardia, con la vittoria – tutt’altro che schiacciante – per il centrodestra. Facciamo una breve sintesi delle elezioni, i vincitori, i dati e, soprattutto, la drammatica situazione che sta attraversando la nostra politica.
Una breve (e inutile) sintesi
Il centrodestra vince le elezioni in due regioni chiave d’Italia, in particolare nella capitale “politica” e in quella “economica” della nostra penisola. Per quanto riguarda la Lombardia, Attilio Fontana (Lega) si riconferma alla presidenza con il 54,67% dei voti, l’equivalente di 1.774.477 preferenze. Medesima situazione anche nel Lazio, in cui l’ex presidente della Croce Rossa Francesco Rocca (indipendente di Centro-Destra) si afferma con il 53,88% dei voti.
Rimanendo sotto il 40%, invece, l’opposizione e, in particolare, il Partito Democratico subisce l’ennesima sconfitta. In Lombardia, Pierfrancesco Majorino raggiunge il 33,93% (oltre un milione di voti), mentre Letizia Moratti (candidata civica per il Terzo Polo) si attesta sull’ultimo gradino del podio con il 9,87% dei voti. Nel Lazio, infine, il PD raggiunge il 21%, rimanendo però in linea con il 2018, in cui ottenne il 21,25%.
L’ennesima “alzata di spalle”
Riprendiamo, però, i numeri scritti nel paragrafo precedente. Attilio Fontana guadagna il 54,67% dei voti, l’equivalente di 1.774.477 preferenze. La popolazione totale della Lombardia – secondo i dati del 31-10-2022 – è di 9 950 144: com’è possibile quindi che poco meno del 55% costituisca solo 1.774.477 di votanti? Semplice: per l’ennesima volta il dato più clamoroso di queste elezioni regionali risulta essere la vittoria schiacciante del “partito del non-voto”. I dati sull’astensionismo sono alle stelle: solo il 40% degli elettori si è presentato alle urne; in Lombardia solo il 41,67%, mentre nel Lazio solo il 37%. Ciò significa che quasi sei milioni di cittadini lombardi e oltre tre milioni e mezzo di abitanti del Lazio non si sono recati alle urne.
Numeri senz’ombra di dubbio folli; ma guardiamo le reazioni e i commenti dei “vincitori” di fronte a questi dati. Attilio Fontana: “Sono soddisfatto che i cittadini hanno compreso la nostra capacità di affrontare momenti difficili e complicati. […] Il primo sentimento è la gioia per i lombardi che hanno capito il nostro lavoro. […] La democrazia c’è, perchè nel momento in cui c’è espressione del voto si realizza”. Giorgia Meloni: “Un importante e significativo risultato che consolida la compattezza del centrodestra e rafforza il lavoro del Governo”. Matteo Salvini: “Conferma che il gioco di squadra con Giorgia e Silvio funziona, al di là di quello di cui si è chiacchierato…”. Le reazioni dimostrano come l’importante ormai per i vari partiti sia capire perchè i pochi che hanno votato abbiano preferito Tizio o Caio, “voltando le spalle” ai drammatici numeri delle astensioni. Ci si dimentica quindi che, per legge matematica, se il denominatore cala tutte le percentuali si modificano: tutti i numeri, le future aspettative e le dolci speranze sono quindi chiaramente “falsate” dal basso numero del denominatore, dalla poca affluenza alle urne. Francesco Rocca è l’unico che cita nel suo discorso l’astensionismo diffuso: “L’astensionismo poi sottolinea che dieci anni di centrosinistra hanno allontanato i cittadini”. Come? Incolpando l’avversario. Classico della politica, Destra o Sinistra che sia.
Interessa a qualcuno dell’astensionismo?
Interessa, oggi, ancora a qualcuno capire le ragioni del messaggio di disamore verso la “cosa pubblica” che sta affliggendo il nostro paese? Interessa a qualcuno evidenziare come siano principalmente le fasce giovanili quelle più “lontane” dalla politica? Interessa, quindi, a qualcuno cercare strategie per raggiungere queste persone, invogliandole non a votare per loro, ma a sottolineare che il parere del singolo è utile a tutti? La risposta è negativa e i commenti “a caldo” lo dimostrano: ognuno parla della sua vittoria, dei suoi risultati, del suo lavoro di squadra. L’importante è convincere (oltre che sé stessi) i pochi elettori rimasti, che siano un milione, cento mila o anche solo mille; tanto qualcuno dovrà pur salire…
Proseguendo in questa direzione, però, il futuro non sarà sempre così rose e fiori. I trend a cui stiamo assistendo dimostrano che fra non troppi anni i vari candidati verranno votati, molto probabilmente, da sé stessi e dai loro parenti stretti. L’astensionismo continuerà a crescere e l’amore verso la politica sarà sempre meno e sempre più forzato. Anche se, probabilmente, qualche politico continuerà a festeggiare per queste (finte) vittorie.