La migrazione è sempre stato uno dei temi più caldi per il Regno Unito, il quale deve annualmente affrontare ondate di stranieri che, dalla Francia, provano invano ad attraversare la Manica per raggiungere il territorio di Londra. Un tema affrontato con estrema necessità e determinazione anche dal nuovo primo ministro britannico, Rishi Sunak, quarantaduenne di origine asiatiche che prese il posto di Liz Truss, ex premier dimissionaria ritiratasi dopo soli 45 giorni di mandato. Considerato l’erede naturale di Boris Johnson, Sunak presentò a marzo un progetto di regolamentazione della migrazione del Regno Unito che, tuttavia, non sembra riscontrare in alcun modo le previsioni sperate.
Il piano a cinque punti per regolare i migranti in Regno Unito
La Manica è una delle traversate migratorie più pericolose e più diffuse del nostro continente. E, negli ultimi anni, il numero di clandestini intenzionati a sbarcare in Regno Unito è esponenzialmente aumentato. Nel 2020, e in soli due anni, il numero di migranti è passato da solo 300 persone a 8.500, raggiungendo poi nuove vette l’anno scorso con oltre 45.000 arrivi.
Per contrastare tali ondate irregolari, Sunak presentò a marzo un nuovo programma, sintetizzabile facilmente in cinque punti principali. Comando di piccole imbarcazioni: istituzione di un nuovo comando operativo unificato permanente di piccole imbarcazioni, composto da 700 dipendenti e fornito del doppio dei finanziamenti, allo scopo di contrastare la criminalità organizzata dell’immigrazione europea; tale comando, secondo il primo ministro, permetterà di coordinare meglio l’intelligence e la sua applicazione a fronte di un lavoro passato della polizia “troppo frammentato”. Concentrarsi sull’applicazione: il nuovo comando consentirà agli ufficiali dell’immigrazione di concentrarsi esclusivamente sull’applicazione e l’operatività, aumentando di oltre il 50% la capacità di lavorare nei comparti illegali. Niente più hotel: il governo vieterà il più possibile di utilizzare gli hotel del paese per ospitare i richiedenti asilo; verranno invece sfruttati i parchi vacanze in disuso, siti militari in eccedenza e aule universitarie vuote (con uno spazio di dieci mila persone già identificato). Più assistenti sociali: il numero di assistenti sociali per asilo verrà raddoppiato, suddiviso per nazionalità e con un progetto di candidatura “estremamente riprogettato”, con meno colloqui e burocrazia. Albania “paese sicuro”: si intende un “nuovo accordo e approccio” concordato sia con i funzionari albanesi che con il primo ministro, il quale include ufficiali delle forze di frontiera incorporati all’aeroporto di Tirana per fermare le persone che provano ad entrare illegalmente nel Regno Unito. A fianco, verranno emesse nuove linee guida per gli assistenti sociali, sulla considerazione centrale che l’Albania sia effettivamente un paese sicuro: il che significa che la “maggior parte delle richieste” verrà respinta e migliaia di persone rimpatriate su “voli settimanali”, fino a quando “tutti gli albanesi non saranno stati rimossi”.
Un piano inefficace
Prima di parlare del presente, già al tempo della sua presentazione tale progetto destò qualche dubbio sulla sua possibile efficacia. Secondo Peter William Walsh, ricercatore senior presso il Migration Observatory dell’Università di Oxford, “ad oggi, ci sono sorprendentemente poche prove che le politiche di deterrenza in materia di asilo scoraggino un gran numero di persone, per il semplice motivo che i richiedenti asilo spesso hanno poca comprensione delle politiche che dovranno affrontare al loro arrivo”. Secondariamente, come affermato da Sunder Katwala – capo del think tank British Future -, il numero di traversate in barca è aumentato esponenzialmente durante la pandemia, perché altri metodi di viaggio non erano effettivamente disponibili. Ora, dopo tre anni di “esperienza”, gli attraversamenti del canale “sono un percorso consolidato e istituzionalizzato”, sicuramente sempre rischioso ma la migliore opzione per giungere in Regno Unito. Infine, sempre secondo le parole del ricercatore Walsh durante un’intervista a Vox, “sulla carta, il disegno di legge esclude effettivamente il Regno Unito dal sistema globale di asilo così come lo conosciamo, impedendo alle persone di richiedere asilo se sono arrivate attraverso rotte irregolari. Ma quando queste persone non possono essere allontanate perché non hanno un posto dove andare, cosa succede loro? A prima vista, il disegno di legge sembra lasciarli permanentemente nel Regno Unito senza diritti, finanziariamente dipendenti dallo Stato perché non avrebbero il diritto di lavorare”.
Torniamo quindi al panorama attuale. Tale progetto, a fronte di questi problemi appena delineati, consegna poca fiducia all’attuale amministrazione conservatrice e alimenta la pressione verso Sunak. Ricordiamo infatti che, secondo le stime ufficiali presentate giovedì 25 maggio, la migrazione netta verso il Regno Unito ha raggiunto livelli record nel 2022: 606.000 persone, secondo l’Office for National Statistics (ONS), con 1,2 milioni di persone in arrivo nel paese e circa la metà in uscita. Nonostante quindi i recenti impegni, i drammi passati e sulla scia di una Brexit che sembra aver fatto più male che bene, il governo britannico sembra non riuscire più a controllare i propri confini.