Silicon Valley Bank: il più grande fallimento bancario statunitense dal 2008

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Durante i suoi quasi quattro decenni di esistenza, la Silicon Valley Bank ha servito numerose delle più grandi startup tecnologiche al mondo ed è diventata la più grande banca per depositi di tutta la Silicon Valley, in California. Quarantotto ore, però, sono bastate per farla fallire definitivamente, chiudendo battenti il 10 marzo 2023. Osserviamo le ragioni del crollo, le conseguenze e una breve analisi su un futuro bancario sempre più incerto.

 

La crisi della Silicon Valley Bank

Il crollo della Silicon Valley Bank ha rappresentato il secondo più grande fallimento bancario nella storia degli Stati Uniti e il più grande dissesto dalla crisi finanziaria globale del 2008. Fondata nel 1983 e con sede a Santa Clara (California), SVB era banchiere di circa il 50% di tutte le società di tecnologia finanziate con capitale di rischio negli Stati Uniti e, alla fine del 2022, era risultata essere la sedicesima banca più grande d’America, con un patrimonio di 212 miliardi di dollari.

Perché la Silicon Valley Bank è fallita? Secondo le parole della professoressa di diritto della United World College, Anita Ramasastry, ci sono molte ragioni specifiche che hanno portato a tale avvenimento. Anzitutto, come già affermato in precedenza, la SVB era una banca nella più importante area tecnologica dell’intero globo: la Silicon Valley. Quasi la totalità delle sue aziende erano startup tecnologie e, quindi, la concentrazione di denaro proveniva esclusivamente da questo singolo settore. Con l’aumento dei tassi di inflazione da parte della Federal Reserve – la banca centrale degli USA -, molte aziende hanno iniziato a lottare per ottenere ulteriori finanziamenti. Come? Attingendo ai depositi che avevano presso la Silicon Valley Bank: molto semplicemente, quando hai un settore che improvvisamente ha bisogno di contanti, molte imprese si recheranno in banca e cercheranno di ritirare il maggior numero di soldi. Una banca, però, non ha tutto quel denaro a portata di mano. Durante la pandemia, infatti, la banca californiana ottenne un aumento esorbitante dei suoi depositi, addirittura triplicati; c’è stato quindi un enorme afflusso di denaro che è stato ovviamente reinvestito dalla stessa banca in titoli sicuri.

Quando tutte le startup hanno iniziato a ritirare i loro soldi, la Silicon Valley Bank ha dovuto essenzialmente trovare questo denaro da qualche parte. La scelta ultima ed estrema è stata quindi quella di attingere in buoni del tesoro a basso rendimento, che avrebbero così pagato gli interessi. Ma dato il tasso di inflazione in aumento, queste obbligazioni sono state rivendute in fretta e, soprattutto, in perdita. Tutto ciò ha portato ad una grande tempesta, alimentando ulteriormente la preoccupazione dei clienti e causando una spaventosa “corsa agli sportelli”. Il 9 marzo 2023 – e solo in quel giorno – sono stati persi 42 miliardi di dollari, portando inevitabilmente al fallimento della banca.

Erano quindici anni che gli Stati Uniti non affrontavano un tale crollo bancario e le conseguenze sono state pressoché immediate. Il 12 marzo, infatti, la Signature Bank (con sede a New York) ha dovuto anch’essa chiudere i battenti dopo che i depositanti hanno ritirato ingenti somme di denaro sulla scia delle preoccupazioni dopo il crollo della Silicon Valley Bank. Più nel dettaglio, un rapporto della Federal Deposit Insurance Corp. (FDIC) dell’aprile 2023 ha attribuito il fallimento della Signature anche alla cattiva gestione della banca, alla mancanza di governo societario e all’incapacità di ascoltare e rispondere rapidamente alle raccomandazioni della FDIC.

 

Le domande per un futuro incerto

Fallimenti bancari – soprattutto in America – sono già accaduti. Più di 550 banche, sempre secondo la FDIC, hanno infatti chiuso dal 2001 al 2023. Il crollo della Silicon Valley Bank e, secondariamente, quello della Signature Bank si distinguono però per i conseguenti timori sulla salute del settore bancario nel suo complesso. Ricordiamo infatti che SVB è il più grande fallimento bancario – e Signature il secondo – da quando Washington Mutual chiuse nel lontano 2008.

Siamo di fronte alla possibilità di una nuova crisi come quella del 2008? Per il momento no. O meglio, siamo ancora lontani: “L’inflazione è ora ben al di sopra dell’obiettivo e ha persistentemente superato le previsioni delle banche centrali […] Al contrario, l’inflazione di fondo era bassa negli Stati Uniti e in Europa prima del crollo di Lehman Brothers nel 2008 e aveva una tendenza al ribasso da decenni. In secondo luogo, il sistema finanziario aveva un’enorme esposizione al settore immobiliare […] Infine, la regolamentazione finanziaria è stata enormemente rafforzata”, ha affermato Steven Bell, capo economista per l’area EMEA di Columbia Threadneedle Investments. Nonostante ciò, però, dopo questi due fallimenti – e anche dopo la recente crisi controversa di Credit Suisse – il sistema bancario-finanziario occidentale inizia a cigolare; le fondamenta si fanno più instabili e, come ben sappiamo, le persone cominciano a perdere fiducia. E lo spettro di una nuova crisi non è da sottovalutare.

Di seguito il link per un precedente articolo sulla controversia ambientale di molte banche europee, le quali continuano a finanziare lo sviluppo di petrolio e gas.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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