Quando sei piccolo e desideri ardentemente un gioco, un’uscita magari a Gardaland o forse dormire a casa di un tuo amico per la prima volta faresti di tutto per sembrare, agli occhi dei propri genitori, un “bravo bambino”; saresti disposto a qualsiasi cosa, probabilmente lavare tutta casa o fare i compiti per due giorni interi. Ecco, la Svezia – la quale dall’inizio del conflitto russo-ucraino spinge forsennatamente per entrare nella NATO – sta facendo di tutto per ottenere il risultato contrario. Mercoledì 28 giugno, la polizia svedese ha autorizzato una manifestazione davanti alla più grande moschea di Stoccolma, dove un organizzatore ha deciso volontariamente di bruciare alcune pagine di una copia del Corano. Manifestazione che, inoltre, cade proprio il primo giorno di una delle festività più importanti del calendario musulmano, Eid-el-Kébir.
Tutti contro la Svezia
Un vero e proprio rogo, un gesto – letteralmente – incendiario torna a far crescere tensione e allerta tra Svezia e Turchia, quest’ultima “accompagnata” da tutto il mondo musulmano. Circa cento persone si sono radunate per assistere alla pira organizzata da Salwan Momika, trentottenne iracheno fuggito dal suo Paese per stanziarsi a Stoccolma. Il responsabile ha preso a calci e, successivamente, bruciato una copia del Corano durante la manifestazione, affermando di voler “esprimere la sua opinione sul Corano”: “Farò a pezzi il Corano e lo brucerò”, ha scritto l’iracheno dopo aver compiuto l’atto. Un atto tanto banale quanto, completamente, stupido che ha tuttavia causato rilevanti conseguenze geopolitiche, soprattutto (come già affermato in precedenza) per la situazione della Svezia per quanto riguarda la sua richiesta d’ammissione nella NATO.
Il Marocco, per esempio, è stato uno dei primi Stati ad esprimere il suo completo disappunto e malcontento: “Il governo svedese, ancora una volta, ha autorizzato una manifestazione […] durante la quale è stato bruciato il Sacro Corano davanti a una moschea di Stoccolma”. E ancora: “Questo nuovo atto offensivo e irresponsabile ignora i sentimenti di oltre un miliardo di musulmani”, ha descritto rammaricato il ministero degli Esteri, richiamando “al rapporto” l’incaricato d’affari svedese a Rabat.
Successivamente, simili condanne sono arrivate anche dall’Arabia Saudita, sede delle due città sante della Mecca e di Medina (nelle quali nella festività Eid-el-Kébir molti credenti sono diretti in pellegrinaggio): essa ha denunciato “ripetuti atti di odio […] che incitano all’esclusione e al razzismo e contraddicono gli sforzi per diffondere i valori della tolleranza”. Condanne seguite poi anche dal Kuwait o dal Libano, per concludere con gli Emirati Arabi, in cui il primo consigliere del presidente, Anwar Gargash, ha stimato sui social che “il mondo occidentale deve capire che il suo sistema di valori e le sue giustificazioni non possono essere imposte al mondo”.
“Faccia a faccia” con la Turchia
La tensione maggiore e lo scontro “più importante”, tuttavia, è quello in atto tra la Svezia e la Turchia. Quest’ultima, in particolare, a fronte di questi continui atti contro il mondo islamico, continua a posticipare il voto sulla ratifica dell’adesione di Stoccolma alla NATO (assieme all’Ungheria); una richiesta approvata da tutti gli altri membri, i quali sperano ancora di poter accogliere ufficialmente la Svezia prima del vertice dell’Alleanza Atlantica che si terrà in Lituania l’11 e il 12 luglio. Un’accettazione che, dopo il rogo del Corano e la finta impiccagione dell’effige del presidente turco Erdogan nel gennaio 2023, rischia di non vedere mai la luce; o almeno fino a quando la Svezia non comincerà a limitare queste “violente” manifestazioni (spesso organizzate dall’estrema destra popolare).
Tornando ai recenti fatti, il presidente Erdogan ha ferocemente criticato la Svezia per il rogo del Corano, offuscando ulteriormente la possibilità del paese nordico di aderire alla NATO. “Insegneremo agli occidentali arroganti che insultare i musulmani non è una questione di libertà di espressione”, ha reclamato il presidente appena rieletto in un discorso televisivo, aggiungendo di condannare l’incidente “con la massima fermezza”. “Chiudere un occhio davanti ad atti così atroci significa essere complici”, ha affermato successivamente Hakan Fidan, ministro degli Esteri turco; un reclamo che vale sia per la Svezia che, soprattutto, per il resto della NATO, la quale deve decidere se comprendere nell’alleanza uno Stato che, oramai ripetutamente, continua a provocare e aizzare odio contro una religione. L’ingresso della Svezia nella NATO potrebbe fare realmente “del bene”?