Francia, morte Nahel: una Destra scioccante e lo schiaffo alle nuove generazioni

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Torniamo a parlare della morte di Nahel, il giovane diciassettenne ucciso da un poliziotto in seguito al rifiuto di ottemperare il 27 giugno a Nanterre, in Francia. Una morte che ha riportato la violenza e le proteste nel territorio di Parigi, provocando rivolte urbane e centinaia di arresti, a sottolineare come i rapporti tra banlieue e il resto della Francia non stiano affatto migliorando. Un vero e proprio omicidio che, d’altro canto, ha risvegliato gli animi degli eletti del partito Les Républicains (LR), i quali si sono impegnati in un festival di spaventose dichiarazioni contro le azioni dei protestanti e che, assieme alle autorità, sono state immediatamente pronte a dare quello “schiaffetto” educativo alle nuove generazioni. Tutto ciò basterà o peggiorerà solamente i rapporti tra i due poli?

 

Le dichiarazioni della destra repubblicana in Francia

Le indicazioni del ministero dell’Interno sono state tanto precise quanto ignorate dalla destra moderata: “Meno del 10% delle 4.000 persone arrestate erano straniere”. Una precisazione che i più potrebbero addirittura definire non necessaria; ma non in Francia, dove molti esponenti de Les Républicains hanno stabilito di punto in bianco un legame diretto tra i rivoltosi e l’immigrazione statale, in termini particolarmente brutali e scioccanti. Uno tra i primi è stato il presidente del gruppo LR al Senato, Bruno Retailleau, il quale – a fronte della precisazione del ministero dell’Interno – ha dichiarato il 5 luglio su Franceinfo: “Certo, sono francesi, ma sono francesi per identità. Purtroppo per la seconda, terza generazione c’è una sorta di regressione verso le origini etniche”. Quasi in concomitanza, l’eurodeputato François-Xavier Bellamy ha affermato lo stesso giorno di Retailleau su Le Figaro che “naturalizzazione non significa assimilazione” e ha castigato i “delinquenti che gridano il loro odio per la Francia e bruciano la sua bandiera”.

Si torna sempre dove si è stati bene. E la vecchia retorica di estrema destra viene così propagandata con estrema facilità dai LR eletti, compiendo la tremenda distinzione tra i francesi, quelli veri e quelli falsi, quelli “di classe B” e gli altri. Successivamente, l’incontenibile giornalista Eric Zemmour ha deciso di sollevare lo spettro di una possibile “guerra etnica o razziale” in Francia, seguito a ruota da addirittura il presidente de Les Républicains, Eric Ciotti. Quest’ultimo, infatti, dopo aver definito i rivoltosi “barbari”, ha deciso di dar sfoggio al suo lungo catalogo di proposte per “risolvere” il problema: “Il carcere chiuso non dovrebbe più essere l’eccezione”, aggiungendo la necessità dell’aumento dei posti di reclusione, l’abbassamento a sedici anni della maggioranza penale, l’abolizione degli assegni familiari per i genitori dei delinquenti e, infine, la decadenza della nazionalità dei criminali “binazionali”. Una lista che, quindi, non ha nulla da invidiare a quella passata di Marine Le Pen.

 

Lo schiaffo educativo

Se in molti, giustamente, si stanno interrogando sulla reazione delle banlieue a fronte dell’ennesima morte per mano delle autorità, quest’ultime e, soprattutto, il potere statale sembrano voler agire come al solito. Uno “schiaffo educativo” e tutti a casa: arresti, dichiarazioni indecenti della Destra repubblicana e dello stesso Macron, il quale pensa di poter definire “inaccettabile” la reazione delle periferie a fronte di un diciassettenne ingiustamente morto.

Questi commenti non fanno altro che mostrare una sola cosa: la diga è crollata, senza saper distinguere tra cinismo politico e disinibizione personale. Un ritorno perpetuo al proclamato rifiuto verso una Francia “nera” vissuta come una minaccia e che non fa altro che banalizzare un importante discorso etnico. Non si fa altro che giocare con il fuoco, e si finge di ignorare che all’origine dell’incendio non ci sia una colpa delle autorità e della polizia, che si rifiuta costantemente di interrogarsi sui mezzi per migliorare l’integrazione delle seconde e terze generazioni in Francia.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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