I lupi solitari: la scelta eremitica

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In poco più di dodici ore possiamo arrivare in Giappone. Con un dispositivo connesso ad internet possiamo fare scoperte sensazionali. Tramite app, schermi, auricolari possiamo conversare e conoscere persone che vivono a centinaia di chilometri da noi. Tutto questo sta avendo diversi risvolti nell’uomo e nel suo modo di concepirsi. La parola velocità sta sostituendo il termine qualità, come “frenesia” ha preso il posto della tranquillità. Le informazioni, la vicinanza concettuale tra un individuo e un altro, sta sfociando in una totale mancanza di concentrazione e totale privazione di momenti nei quali riflettere su ciò che si sta compiendo. Questa dinamica ha come diretta conseguenza lo sgretolarsi di ogni valore all’infuori di quello del tempo.

In questo flusso continuo e frenetico, in cui se non guadagni non mangi e se non mangi non vivi, vi sono persone che hanno trovato il loro equilibrio, persone che sono riuscite ad inserirsi in questo continuo passaggio di informazioni e volti e che ci testimoniano come per riuscire a convivere con questo tipo di concezione, l’unico modo che l’uomo ha a disposizione è il correre alla stessa velocità a cui sta andando la vita. Ma questo è veramente il modo a cui dobbiamo omologarci e rassegnarci? Ci sono uomini che hanno risposto negativamente a questa domanda e hanno trovato la via per uscire dal frenetico scorrere del tempo: hanno abbandonato la società stessa. Questi sono gli eremiti: uomini e donne che hanno deciso di lasciare i propri cari e le proprie abitazioni per stare in solitudine, lontano da città e strade, con il fine ultimo di trovare sé stessi.

La parola “eremita” deriva dal greco ecclesiastico e significa “solitario” oppure “deserto”. Inizialmente gli eremiti erano uomini di fede, specialmente monaci, i quali sentivano di essere arrivati ad un punto di rottura con una società troppo corrotta. Durante il periodo della vendita delle investiture, molti credenti decisero di abbandonare le proprie diocesi e ritirarsi in solitudine in modo tale da vivere la propria fede senza dover sottostare alle regole della corruzione. Negli anni questo il lato religioso si è andato a perdere, anche se una certa spiritualità è comunque rimasta. Nel XXI vi sono ancora diversi casi di eremitismo, non si fugge più dalla corruzione ma dalla “non vita” – concetto da cui molti eremiti sono fuggiti – alla quale si sta giungendo. A noi potrebbe sembrare una realtà lontana, della quale fanno parte solo invasati e pazzi, ma in realtà anche in Italia sono presenti diversi casi di persone che hanno deciso di lasciare la civiltà e la ragione che molti danno è la più umana e razionale che ci sia: la frenesia e la corsa al denaro non lascino spazio al valore dell’uomo a alla scoperta delle proprie passioni e inclinazioni. 

Un eremita italiano Gianni Menichetti, il quale vive nei pressi di Positano, ha dato come spiegazione della sua scelta il fatto che nel mondo stia dilagando un “antropocentrismo” dannoso, per cui ognuno guarda solo a sé stesso e al proprio guadagno non considerando il mondo naturale che lo circonda. Un altro eremita di nome Cristiano, un frate francescano, dice di essere fuggito da, quelli che definisce, “luoghi anonimi” ovvero dall’impossibilità di creare relazioni profonde e durature, soffocate dal caos e dai rumori assordanti che fanno da sigla alla nostra esistenza. Egli, però, ha affermato che “per fare gli eremiti è indispensabile saper stare con la gente”. Siamo, come diceva Aristotele, “animali politici”, esseri che trovano la propria realizzazione nel rapporto con gli altri e queste figure solitarie spesso abbandonano la vita con gli altri perché sono riusciti ad interiorizzare la socialità. E quindi, forse, lo stare isolato non è in contraddizione con ciò che diceva il filosofo greco ma, anzi, è la conferma più grande della sua teoria.

Noi siamo portati a pensare che il solo modo per vivere bene in questo mondo sia quello di inseguire continuamente il treno delle opportunità e, in un secondo momento, saper capire quando è il momento di scendere. Questi uomini però ci dimostrano che la strada non è per forza quella segnata e vi è un altro modo di vivere e guardare all’esistenza. Il tempo, il denaro, la produzione sono tutte cose che sono state create dall’uomo con il fine di rendere più semplice la vita ma sembra che ultimamente queste creazioni siano diventate padrone e che non si possa fuggire dalle leggi dannose che ci governano. Questi eremiti, che noi consideriamo come pazzi inseguitori di una spiritualità obsoleta, hanno davanti agli occhi altri pazzi con il fiato corto intenti a seguire il flusso della società. Nessuno ha la formula magica per vivere questa vita nel modo giusto, forse questo modo non esiste, quello che è certo è che il modo in cui stiamo vivendo comporta rinunce e fatiche che stanno portando molti uomini a sentirsi schiacciati dal peso di due piccole lancette.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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