Il salario minimo in Italia: soluzione o costo?

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Più che mai nella recente storia politica italiana, l’introduzione ad un ipotetico salario minimo è diventato uno dei temi più caldi e controversi delle ultime elezioni e, soprattutto, degli ultimissimi dibattiti in Parlamento. Anzitutto, per fare chiarezza, il salario minimo rappresenta la retribuzione minima che dovrebbe essere garantita ai lavoratori per una determinata quantità di lavoro. A fronte, da un lato, della presenza di questo strumento in praticamente tutta Europa e, dall’altro, dell’alto costo del lavoro che caratterizza la nostra penisola, il salario minimo è divenuta un’importante controversia di cui è necessario discutere, oltre che alla sua utilità, i suoi costi e il pensiero delle principali figure del panorama politico italiano.

 

A che punto è il salario minimo in Italia?

Il 30 novembre 2022, la Camera dei deputati ha votato su cinque mozioni dedicate all’introduzione del salario minimo. Mozioni presentate da varie figure o partiti italiani, ma che sono state tutte bocciate alle votazioni. Tutte tranne una; quella presentata dalla maggioranza, con 163 voti favorevoli, 121 voti contrari e 19 astenuti. Questa mozione (votata in maniera negativa dai deputati di PD, M5S e Alleanza Verdi-Sinistra), in particolare, chiedeva al governo di impegnarsi “a raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori, non con l’introduzione del salario minimo”, ma con altre “iniziative”, per esempio estendendo i contratti collettivi nazionali a tutte quelle categorie di lavoratori “non comprese nella contrattazione nazionale”. Senza sorprenderci troppo, i programmi elettorali dei due grandi schieramenti, Destra e Sinistra, sono stati pienamente rappresentati dai voti delle mozioni: se il PD ha votato a favore di tutte e quattro le mozioni di opposizioni e contro solo a quella della maggioranza, al contrario la coalizione di centrodestra al governo non ha intenzione di introdurre un salario minimo per tutti i lavoratori italiani.

Un’opposizione confermata dalle due leader degli schieramenti “in battaglia”, Giorgia Meloni ed Elly Schlein, con quest’ultima ovviamente a favore dell’introduzione del salario minimo in Italia. La neo-premier di Fratelli d’Italia confermò la sua presa di posizione riguardo alla tematica sociale già durante la richiesta di fiducia per il suo governo: “Il contrasto al lavoro povero è una priorità. Bisogna però capire qual è il modo migliore per farlo: il punto non è il salario minimo, ma l’estensione dei contratti collettivi”. Similmente, Giorgia Meloni ha voluto riconfermare quest’idea in due altri momenti, in un videomessaggio inviato al Festival del Lavoro tenutosi a Bologna e nel primissimo faccia a faccia con la neo-presidente del PD, Elly Schlein. In entrambi gli appuntamenti l’idea è rimasta la medesima: il salario minimo è “un modo per far finta di occuparsi dei temi sociali quando invece il modo per farlo sarebbe abbassare le tasse sul lavoro e alzare gli stipendi per i lavoratori”. Alla fin della fiera, quindi, non altro che uno “specchietto per le allodole”.

 

L’eccezione in Europa

Italia, Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia. Sono questi i sei paesi che non hanno il salario minimo stabilito per legge, come il resto dei paesi UE, ma si basano esclusivamente sulla contrattazione. Ricordiamo infatti che il 14 settembre 2022 una nuova direttiva europea è stata attuata per tutti i paesi membri, i quali saranno obbligati a garantire salari minimi adeguati. Più nel dettaglio, gli stati membri avranno due anni per attuare la Direttiva, introducendo riforme e iniziative legislative in grado di adeguare il salario minimo alla crescente inflazione e al costo della vita (pur senza fissare una specifica soglia). Nonostante ciò, però, il salario minimo in Italia non diverrà obbligatorio poiché il nostro paese ha un tasso di copertura della contrattazione collettiva superiore all’80%, escludendoci dall’attuazione della direttiva. Non dobbiamo, tuttavia, pensare che non esistano problemi: un lavoratore su quattro guadagna meno del reddito di cittadinanza, il fenomeno della povertà lavorativa è in costante crescita, l’inflazione post-pandemia e post-guerra è ancora in aumento e che, con larghi calcoli, il coefficiente con il quale si calcola il costo lordo per dipendete è di circa 210% della retribuzione netta (quindi, per ogni euro incassato dal dipendente, l’azienda dovrà spendere ulteriori 2,10€).

Se quindi l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, di conseguenza il salario minimo è uno dei temi più importanti su cui discutere. Sulla bilancia abbiamo (con il supporto della Meloni) un mezzo che nasconderebbe la necessità di abbassare le tasse sul lavoro per le aziende; dall’altro, un mezzo adottato da 21 Stati dell’Unione Europea, strumento che – al di là di ogni critica – è ben affermato nelle realtà sociali e lavorative di tutti gli stati del Vecchio Continente.https://pagellapolitica.it/articoli/salario-minimo-mozioni-camera-opposizionehttps://pagellapolitica.it/articoli/salario-minimo-mozioni-camera-opposizione

Arienti Stefano

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