Kid Yugi e l’impossibilità di esprimersi

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Troppe cose da dire, non bastano le matite. Sei la luce che mi guida o il diavolo che mi uccide. Perché questa non è musica, questo è il mio martirio. Un istante di chiarezza in un ventennio di delirio”. Kid Yugi, pseudonimo di Francesco Stasi, è la nuova promessa delle scena rap italiana. Classe 2001 e originario della provincia di Taranto, il ventiduenne è divenuto protagonista del nuovo album del celebre rapper genovese Tedua, intitolato “La Divina Commedia” e rilasciato il 2 giugno. In particolare, egli è apparso nella seconda traccia del disco, “Paradiso Artificiale”, assieme al promettente rapper marocchino di Lecco Baby Gang (di seguito il link per il testo completo). La strofa di Kid Yugi ingloba in sé tutta la fatica, la violenza e, addirittura, la vergogna del non venir ascoltati, dai propri coetanei, dalla propria città e dal proprio Stato; abbandonati a sé stessi, l’unico mezzo per diventare “qualcuno” è il mondo criminale. Il giovane pugliese, perciò, narra nella sua strofa l’impossibilità per molti giovani di avere successo e, soprattutto, di riuscire ad esprimere il loro potenziale in una società cieca e occupata “altrove”. Non fermiamoci solo qua, però; perché le parole di Kid Yugi raccontano (indirettamente) anche il grande problema odierno del mondo social: ovvero l’incapacità – di qualunque generazione – di esprimere, talvolta, la propria opinione, ma di lasciarsi trascinare dalla valanga di commenti che, quotidianamente, ci “crollano” sui nostri schermi. Una balcanizzazione dell’informazione che blocca totalmente la possibilità di esprimersi nella maniera corretta e, banalmente, ci fa ascoltare solamente ciò che vogliamo ascoltare.

 

Kid Yugi come Dante: “Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate”

Volevamo il potere, non essere milionari. Essere i migliori e non essere più ignorati”. In alcuni recenti articoli abbiamo discusso del grande problema di Milano riguardo alla sua povertà, alla sua violenza e alle difficoltà che molti giovani ragazzi incontrano nel loro cammino. Veri e propri ghetti, come quello di San Siro, che rischiano di trasformare la capitale economica italiana in città come Parigi, tanto ricca quanto pericolosa proprio per queste zone estraniate dal resto della metropoli. Una situazione, quella di Milano, molto simile – e sicuramente più “antica” – a quella presente anche nel resto del Mezzogiorno. Librino, Forcella, Zen, Scampia; potremmo continuare questa lista probabilmente all’infinito. E all’interno di questi ghetti sempre la medesima situazione: assenza di speranza e impossibilità di espressione.

Ma tutti i passi sono falsi se le strade sono rotte. Uscii a riveder le stelle, trovai solo la morte” – Kid Yugi. Lo stesso Istat ha recentemente affermato che il sistema sociale del Mezzogiorno in Italia ha accumulato un ritardo estremamente grave, sia rispetto alla media europea che soprattutto rispetto al Nord Italia. Infatti, anche secondo il volume “Sussidiarietà e… giovani al Sud” – rapporto pubblicato dalla Fondazione per la Sussidiarietà e curato da Alberto Brugnoli e Paola Garrone -, per rilanciare il Mezzogiorno è necessario ripartire dal mondo giovanile. Il resoconto presenta, a tal proposito, le tre grandi emergenze delle giovani generazioni del Sud Italia: sul fronte demografico, gli autori evidenziano come entro cinquant’anni la popolazione del Mezzogiorno diminuirà di circa il 25% e l’età media della popolazione arriverà a 51,6 anni; dall’essere l’area più giovane del Paese, il Sud diverrà quella più vecchia e meno popolata. Secondo, troviamo ovviamente una grave emergenza educativa: ad oggi, infatti, il 18,4% dei giovani meridionali abbandona precocemente gli studi e la percentuale di laureati universitari è addirittura la più bassa in tutta Europa; più nel dettaglio, negli ultimi quindici anni, delle circa 700.000 persone che hanno abbandonato il Sud Italia, poco meno di 200.000 erano laureate. Infine, terzo e ultima emergenza riguarda un’emorragia di capitale che, evidentemente, è legata alla grave situazione del mondo del lavoro: il tasso di occupazione del Mezzogiorno nella fascia 20-64 è, invero, del 44,8%, anche in questo caso la più bassa dell’intera Europa.

 

Balcanizzazione dell’informazione

Una seconda breve discussione riprendendo la strofa di Kid Yugi riguarda, invece, la difficoltà e la contraddittorietà che talvolta costituisce la comunicazione online. A differenza dei ghetti di cui abbiamo precedentemente parlato (in cui, addirittura, è impossibile “comunicare”), sul mondo social chiunque può esprimere la propria opinione, in tutte le forme e con estrema libertà. Molti esperti, tuttavia, sottolineano come negli ultimi decenni si sia alimentato il fenomeno dell’auto-comunicazione socializzata: teoria esposta per la prima volta dal sociologo e politico catalano Manuel Castells, essa afferma che non esiste alcuna fonte unica che, nel mondo di Internet, sceglie dall’alto i contenuti, ma è la Rete stessa che provvede a sciogliere i diversi nodi della comunicazione. Essa (questa comunicazione della Rete), in particolare, è “auto-diretta nell’emissione”, ovvero che non esiste un’unica stazione che emette ma in cui tutti possono emettere ciò che vogliono; e, infine, è “auto-selezionata nella ricezione”: i ricettori non sono unici, ma ognuno riceve solo ciò che vuole ricevere, una selezione in base alle proprie preferenze e un esclusione di ciò che, banalmente, non è di nostro gradimento.

Questa limitazione delle notizie è ciò che possiamo chiamare cyber-balcanizzazione: chi appartiene ad una specifica comunità virtuale non avrà mai la possibilità di cambiare idea su una certa posizione; non perché è “duro di comprendonio”, ma perché non vedrà mai l’altra posizione. Viene meno il confronto, lo scambio: una comunità specifica sarà “colpita” solamente dalle notizie che si avvicinano al loro pensiero. È quella che il professore Damiano Palano chiama “Bubble Democracy”, teoria secondo cui – a causa degli effetti di filtraggio dell’algoritmo – chi appartiene ad una certa comunità o linea di pensiero avrà una possibilità maggiore (se non certa) di ricevere informazioni esclusivamente conformi ai loro attuali interessi, privi di ogni punto di osservazione differente. Ed è così che, quindi, certe comunità non sapranno mai di alcune realtà, magari di situazioni disperate proprio nella loro città, a qualche chilometro dalla propria abitazione, come per esempio la vita e lo sconforto descritti da Kid Yugi.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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