La censura viene definita come un controllo preventivo, un esame, imposto ad opere e rappresentazioni di diverso genere che sono finalizzate alla pubblicazione. In altri termini, una determinata autorità provvede a riconoscere – o meno – l’idoneità di una creazione a divenire fruibile per il grande pubblico. Nel concetto di “idoneità”, si nasconde, tuttavia, un aspetto tetro, un’imposizione di valori che devono essere rispettati dall’artista – o dalla persona in generale – per far sì che il proprio operato sia adeguato, idoneo, alla visione di un potenziale pubblico.
Social Network e censura: ostracismo del XXI secolo
Dalla definizione precedentemente fornita, si può intuire quanto il concetto di censura si abbini alla perfezione al funzionamento e l’utilizzo quotidiano che facciamo dei Social Network. In passato, la censura è stata il mezzo di contenimento prediletto di diverse dittature, statali ed “ecclesiastiche”, tuttavia, la sua potenza si può e si poteva definire come ristretta, certo ristretta ad una Nazione o a più Paesi ma pur sempre relegata all’interno di determinati confini. Tale controllo, ad oggi però, può trovare la sua massima espressione all’interno dei nuovi mezzi di comunicazione: i Social Network, sui quali il pubblico di riferimento non è solo quello nazionale bensì quello Mondiale, ove non esistono confini e limiti e, potenzialmente, chiunque potrebbe essere fruitore di ogni contenuto che approda sulle diverse piattaforme.
Se la censura è, quindi, un “setaccio” ideologico finalizzato a scremare creazioni e opere in vista della loro possibile pubblicazione, questo significa che più ampio sarà il pubblico e più limitazioni dovranno essere introdotte e applicate. Vi è anche un ulteriore domanda da doverci porre: chi è l’autorità che si arroga il diritto di limitare la creatività e le opinioni altrui. A livello Nazionale, vi è lo Stato, a livello Internazionale vi sono organi, istituzioni e alleanze, tuttavia, per quanto riguarda i Social Network vi è un’azienda privata e quando essa non agisce ci pensa la massa, il pubblico stesso, ad imporre una “censura di massa”.
Cancel culture: censura senza autorità
Come abbiamo analizzato in un precedente articolo il concetto di censura si sta sempre più distaccando dall’operato di organo, di un’autorità e questa separazione trova il suo apice all’interno del caso della Cancel Culture. Una cultura, un movimento privo di direzioni, atto alla cancellazione di contenuti, personaggi e pensieri, che non seguono le linee guida dettate dal “politicamente corretto”. Una cultura priva di cultura, un movimento privo di movimento che presenta il solo fine di cancellare ciò che è scomodo e “offensivo” agli occhi di determinate categorie di persone non precisamente definite che seguono e dettano regole non specificate. Il risultato di ciò è l’esclusione, uno zittire a priori ciò che potrebbe essere recepito come offensivo e inadeguato, utilizzando metodi poco ortodossi e talvolta duri e irrispettosi, come commenti violenti sotto post e foto, umiliazione pubblica, ricatti, insomma una lotta all’offesa che utilizza l’offesa stessa come metodo di contenimento. In sintesi, la “cultura della cancellazione” non presenta figure di riferimento che si possano additare come responsabili per questi atti violenti che nascono in risposta ad opinioni e opere che non seguono i canoni dettati dalla massa. Ci troviamo di fronte alla massa che censura la massa, un paradosso che nella storia ha trovato vita solo e unicamente sul web e sui Social Network.
Conclusione
Non penso vi possa essere una conclusione adeguata a un articolo trattante della censura. Un argomento delicato e spinoso e che lascia sempre delle domande aperte. Per tanto vorrei chiudere questa “analisi” con una domanda: fino a che punto è giusto imporre la propria visione del mondo alle altre persone?
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