L’Africa riparte dalla Namibia

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La Namibia negli ultimi mesi ha preparato un progetto di enormi dimensioni per rilanciare parte del continente dal punto di vista non solo economico. In uno Stato come quello namibiano, colpito oggi da alti tassi di disoccupazione e forte invecchiamento delle infrastrutture, questo futuro progetto – che comincerà solo nel 2026 – potrà avvicinare lo Stato africano allo status di “hydrogen superpower” (Elena Schutz, BBC News – 28 dicembre 2021).

 

Entrando più nel dettaglio tecnico del progetto, esso avrà lo scopo di sfruttare le risorse rinnovabili del sole e del vento (presenti in grandi quantità nello Stato) per separare le molecole d’idrogeno dall’acqua desalinizzata, con lo scopo di utilizzarla per produrre carburante sostenibile. Un programma che ha l’obiettivo di arrivare a produrre fino a 300 mila tonnellate di molecole d’idrogeno per anno, della durata di addirittura quarant’anni. Inoltre, avrà la possibilità di creare oltre 15mila posti di lavoro diretti e altri 3000 durante il corso dei lavori , il 90% dei quali saranno occupati da persone locali.

 

È quindi un progetto rivoluzionario, non solo per la Namibia ma per tutta l’Africa. Un continente sempre obbligato ad ancorarsi ad altre potenze nonostante le numerose possibilità di crescita, come si evince da questo progetto.

Possiamo individuare quindi tre scenari. Il primo corrisponde alla ricerca totale di indipendenza africana dalle altre  potenze, difficile e probabilmente impossibile per i problemi nazionali che affliggono molti dei singoli Stati del continente. Un secondo scenario è l’inasprimento del dominio internazionale, un controllo specialmente economico e poco incentrato al miglioramento delle condizioni interne del paese. Terza strada, la migliore, è un nuovo equilibrio basato sulla collaborazione tra i paesi Africani e gli stati occidentali presenti nei vari territori , mirando a smuovere gli equilibri che fino ad ora hanno portato ad una stagnazione delle infinite risorse di questo continente.

 

La Cina da anni dimostra un certo interesse verso il continente, dimostrando però una difficoltà nei contatti dovuta alla debole soft power che caratterizza il colosso asiatico ( per “soft power” si intende quella abilità che i un potere politico possiede  di persuadere, convincere e attrarre tramite risorse intangibili quali cultura, valori e istituzioni della politica). Altro problema che affligge la Cina è il problema del “nuovo arrivo”, una cultura diversa di uno Stato mai interessato fino ad ora nella storia alla conquista africana.

L’Europa è, invece, già da molti anni nel territorio africano. Prima ha imposto un dominio schiavista, per poi tentare un controllo maggiormente politico e culturale (fallimentare), giungendo infine ad oggi con un relativo controllo socio-politico, molto statico e che pone un freno allo sviluppo di questo continente.

 

Siamo quindi di fronte ad una sfida che determinerà un nuovo (o tradizionale) corso del continente africano: i soldi della Cina, le “usanze statiche” dell’Europa e la voglia di indipendenza dell’Africa sono le tre possibilità, due delle quali rappresenterebbero una nuova storia non solo per il continente ma per tutto il Mondo.

L’Africa sotto dominio cinese garantirebbe a Pechino di elevarsi come la più grande potenza del globo (e il suo “ego” dimostra questa propensione). Un’Africa indipendente, invece, potrebbe essere una svolta sia positiva che negativa, caratterizzata sì da grandi quantità di risorse materiali, ma con gravi problemi politici e umanitari ancora da risolvere.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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