Lo Zar di ghiaccio: la storia di Vladimir Putin

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Vladimir Putin. Lo “Zar di ghiaccio”. Nato nel 1952 nella vecchia Leningrado (l’attuale San Pietroburgo), oggi è il Presidente – indiscusso – della Federazione Russa, uno degli uomini più potenti del mondo e, sicuramente, uno dei più rivoluzionari dal punto di vista diplomatico-militare: in un mondo modernizzato e pacifico, Putin è uno dei pochi che, come vediamo dagli attuali scontri a Kiev e nell’invasione di anni fa alla Crimea, preferisce ancora le “vecchie maniere” di conquista e aumento del proprio potere personale. 

Studioso universitario di diritto e lingua tedesca, intraprende nel tempo libero la pratica dello judo, di cui è sempre stato grande sostenitore. La sua unione fra disciplina del corpo e dimensione “sociale” lo hanno guidato fino al 1975, quando entrò a far parte del Kgb, il “Comitato per la sicurezza dello Stato” e supremo organo di sicurezza dell’URSS. Svolse il suo ruolo di controspionaggio fino alla “tragica” caduta del Muro di Berlino, costretto a trasferirsi dalla Germania dell’Est alla sua città natia, Leningrado. Una grande carriera politica, però, lo stava aspettando dietro l’angolo.

La fuga da Dresda e l’abbandono del ruolo di agente segreto, lo portano a divenire il vicesindaco di Leningrado, la quale cambiò nome con la dissoluzione ufficiale dell’URSS in San Pietroburgo (1991). La caduta dell’Unione Sovietica, la “più grande tragedia della storia” secondo Putin, venne dimenticata col nuovo ruolo di comando del FSB, una delle agenzie di sicurezza che succedettero al Kgb affidatogli dal suo predecessore Yeltsin. 

Il 9 agosto 1999, il Presidente Eltsin si ritira, nominando al mondo intero lo sconosciuto Vladimir Putin come suo successore, l’unico uomo in grado di succedere alla guida della Russia post-URSS. La sua fortuna politica nei primi anni di mandato si basò soprattutto sulla sua linea dura attuata in Cecenia, in cui l’ex spia scatenò una sanguinosa guerra contro i separatisti, in risposta ad una serie di attacchi terroristici avvenuti nella regione caucasica. L’interventismo, però, non fu un successo: le numerosi morti e soprattutto il sequestro della scuola di Beslan, dove morirono 334 ostaggi, metà dei quali bambini, portarono alla gogna il presidente russo, il quale decise di rispondere col “pugno di ferro”. Putin decise di eliminare le elezioni dirette dei governatori regionali, che vennero così iniziati ad essere nominati direttamente dal Cremlino; assicurandosi la fedeltà degli oligarchi russi e trasformando i media in proprietà statale, si aprì la grande “Pax di Vladimir Putin”, con l’eliminazione dei rivali politici e l’accentramento delle istituzioni della Federazione. 

Nonostante una lenta economia, la Russia prova ad imporre il suo “Grande gioco” nel Medio Oriente, entrando a gamba tesa nel 2015 nella guerra civile siriana iniziata quattro anni prima. Inoltre, prova ad inserirsi nel gap formatosi tra Stati Uniti e Cina: in quest’ultimi, il presidente ha trovato un nuovo partner strategico nel presidente cinese Xi Jinping, molto simile negli atteggiamenti diplomatici e nell’“amore” verso la conquista territoriale. 

Il rancore e la “testardaggine” del leader russo è nota a tutti. Secondo Serguei Jirnov, ex spia del Kgb e stabilitosi in Francia da tempo, Putin “in realtà è dal 2008 che pensava di invadere l’Ucraina e alla fine è prevalso il suo comportamento suicida”. Dopo quattordici anni, il capo della Federazione è “finalmente” riuscito ad avverare il suo sogno e lo scenario di guerra – che neanche Jirnov si aspettava – può essere visto come la grande festa organizzata a se stesso per aver raggiunto il suo maniacale obiettivo. 

Molte parti della vecchia URSS sono ormai irrecuperabili e la sua ricostruzione è un obiettivo troppo elevato anche per lo stesso Putin. Mosca, dunque, non pensa ad un nuovo mondo russo-centrico, ma a proporsi come potenza di riferimento eurasiatica per non solo le ex repubbliche sovietiche. Nonostante il solo anno di differenza, Xi Jinping ha la capacità di presentarsi al mondo come un nuovo giovane modello – anche democratico – che gli Stati arretrati e in via di sviluppo nel mondo possono copiare; a differenza invece dell’ormai “antico” Vladimir Putin, ancora perso nel suo immaginario di imperatore del mondo. 

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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