In questi tempi di guerra, giornali e televisioni stanno “abbandonando” i tanti problemi che ancora permangono in tutto il mondo, soprattutto Asia e Africa. Anche noi, in queste settimane, ci stiamo concentrando sull’analizzare l’invasione russa in Ucraina, dimenticandoci parzialmente di quello che tragicamente sta accadendo in Afghanistan. Alla “peggior crisi umanitaria mai vista”, come definita dai funzionari dell’ONU dopo cinque mesi dalla storica evacuazione americana da Kabul, bisogna aggiungere oggi la peggior situazione sanitaria mai vista nel Paese e, sicuramente, tra le peggiori attualmente in corso in tutto il mondo. L’inefficienza del settore medico ed ospedaliero sta mettendo in ginocchio tutta la popolazione afghana, colpendo soprattutto i bambini, malnutriti ed esposti a malattie sempre più mortali.
A dicembre, 135 bambini sono morti negli ospedali sovraccarichi o lungo la strada per raggiungerli, la maggior parte dei quali lottando contro la polmonite, malattia respiratoria in esponenziale aumento in questi mesi. Lo denuncia una nuova rilevazione di Save the Children, la cui indagine ha rivelato che più della metà dei genitori intervistati hanno avuto figli con polmonite nelle ultime due settimane e che quasi il 60% di coloro che non hanno potuto ottenere assistenza sanitaria ha dichiarato di non avere soldi per pagarla. È così che il 31% ha affermato di voler andare in centri medici solo in caso di una malattia pericolosa per la vita. La polmonite infantile continua a crescere, nel bel mezzo di una tragica crisi alimentare che sta colpendo il 97% della popolazione di tutto il territorio e devastando il sistema immunitario dei più giovani. Tutto ciò per “colpa” del congelamento delle risorse finanziarie delle banche afgane attuato dagli Stati Uniti e l’Occidente nel momento della conclusione della ventennale guerra.
La malnutrizione è il secondo grande problema che sta affondando l’Afghanistan, dove un bambino su cinque che viene ricoverato in terapia intensiva muore per l’ormai irreversibile fragilità che il corpo ha raggiunto. Ogni pochi secondi un bambino malato viene portato al pronto soccorso delle città più vicine, ricoverato e tentato di salvare con iniezioni di liquidi e medicinali. I recenti dati raccolti dall’Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia) mostrano un massiccio aumento della malnutrizione acuta grave, aumentando dai 2400 casi dell’agosto 2021 ai 4200 del dicembre 2021. “Centinaia di bambini nel mio villaggio sono malnutriti. In ogni casa ne troverai due o tre. Non abbiamo niente per poter sfamare le loro madri, ecco perchè nascono così”, afferma alla BBC News Abdul Raziq, proveniente da una comunità che ha vissuto per vent’anni in prima linea contro gli americani. “Non avevamo alcun legame con i talebani. La mia casa è stata bombardata ingiustamente. Né gli americani, né il governo precedente né quello nuovo si sono offerti di aiutarmi”, e continua “Mangiamo solo pane secco. Circa due o tre sere a settimana. Andiamo a letto affamati”.
Il blocco finanziario ha innescato una crisi economica senza precedenti, andando ovviamente a ricadere in quegli ambiti della società più fragili. Se anche tutti gli Stati europei e occidentali hanno mostrato la loro “vulnerabilità sanitaria” con la pandemia, con risorse non sufficienti per placare l’avanzata del virus, possiamo solo immaginare la rilevanza che il sistema ospedaliero ha avuto in Afghanistan negli ultimi anni. Per esempio, l’ospedale gestito dall’organizzazione benefica Medici Senza Frontiere è una delle poche strutture perfettamente funzionanti e in una provincia che ospita circa 1,5 milioni di persone; è, oggi, completamente sopraffatto, dove i trecento posti letto adibiti vengono riempiti dalle più di 800 persone che ogni giorno chiedono assistenza sanitaria, la maggior parte dei quali ovviamente bambini. L’aumento, sicuramente, è anche dovuto (oltre alla crisi economica) alla maggior sicurezza che caratterizza le strade oggi al termine del conflitto, ma ancora molti bambini non possono permettersi di raggiungere gli ospedali perché le proprie famiglie non hanno abbastanza soldi per permettersi il viaggio. E anche se potessero, dovrebbero viaggiare per ore su strade di macerie e sarebbe difficile trovare una struttura medica minimamente funzionante. Gli ospedali distrettuali di Musa Qala e Gereshk, infatti, sono invasi da bambini malnutriti, ma nessuno dei due centri dispone di una terapia intensiva operativa; non ci sono dottoresse e le strutture sono fatiscenti e fredde. L’elettricità va e viene e le temperature notturne scendono anche fino a 4°C.
“La famiglia umanitaria sta solo cercando di fornire un ponte di sopravvivenza per questi bambini mentre il mondo scopre la politica, ma non possiamo finanziare completamente il sistema sanitario”, afferma Salam Janabi dell’Unicef. “Non confondiamo i bambini con la politica. Il momento qui in Afghanistan è fondamentale per loro e ogni decisione presa dal mondo e dai politici avrà un forte impatto”.