Pensioni per tutti, lavoro per nessuno

Condividi:

Bassa natalità. Popolazione “anziana”. Alta disoccupazione. Tre elementi che portano, nel nostro paese, ad una semplice ma tanto preoccupante conseguenza: troppe pensioni e pochi lavoratori. Da anni in Italia si discute del problema pensionistico, dell’aumento costante del numero di pensionati a fronte della continua diminuzione del numero, invece, dei lavoratori. Analizziamo quindi i dati degli ultimi anni e le cause di questo problema.

 

I dati delle pensioni

In Italia ci sono troppi pensionati rispetto ai lavoratori, e se questa tendenza non cambia il sistema pensionistico potrebbe incrinarsi. Queste sono le parole perfette per sintetizzare ciò che è emerso dal Decimo Rapporto sul Bilancio Previdenziale italiano (6 febbraio 2023). La situazione italiana è sicuramente molto preoccupante: nel 2021 (gli ultimi dati disponibili e precisi) su 36 milioni di italiani in età da lavoro, sono solo 23 milioni i dipendenti e gli autonomi; mentre i pensionati – per anzianità o motivazioni sociali – sono 16 milioni. In particolare, secondo i vari studi, il rapporto “minimo” tra lavoratori e pensionati che permette al nostro sistema previdenziale di lavorare al meglio è quello per il quale ci sono tre lavoratori ogni due pensionati (al tasso quindi di 1,5): oggi questo rapporto è situato a 1,42, e così si ha la necessità di avere o un milione di lavoratori in più o ottocento mila pensionati in meno per ristabilire l’equilibrio minimo al fine di far funzionare il sistema. Nonostante, quindi, i dati del 2022 siano ancora in corso di sviluppo e non ancora perfettamente disponibili, quelli di due anni fa non lasciano comunque presagire un’inversione di tendenza: all’appello mancano 30 miliardi di euro per colmare la differenza tra quanto incassato dallo stato con i contributi di chi lavora e quanto speso invece con le pensioni.

Seppur la situazione non tanto piacevole, dal 2012 al 2018 i pensionati sono stati in costante diminuzione, passando dai 16,7 milioni del 2011 ai 16,4 milioni del 2019 (“grazie” alla riforma Fornero che innalzava l’età per la pensione da 65 a 67 anni); dal 2019 al 2021, però, i pensionamenti sono risaliti per l’effetto di “Quota 100”, che prevedeva la pensione a 62 anni e con almeno 38 anni di contributi.

A chiarire la rischiosa via intrapresa dalla nostra penisola è lo stesso presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che nel corso dei colloqui con il governo ha affermato che il quadro al 2029 “non è positivo” e che il grande rischio è quello di arrivare al 2050 con un rapporto di uno a uno, un lavoratore per un solo pensionato

 

Quali sono i problemi?

Con il tasso all’1,42 abbiamo perciò visto che il numero di pensionamenti resta troppo elevato rispetto al numero di lavoratori. E questo si sta verificando nonostante nel 2021 l’occupazione ha visto una notevole ripresa e il numero di pensionati sia diminuito in modo significativo anche per le morti da Covid (il quale ha colpito soprattutto gli over 80). Quali sono allora i problemi? Perché il sistema pensionistico italiano rischia il collasso?

Il primo, immenso, problema italiano è la costante diminuzione di assunzioni. Calcoliamo quanti under 29, tra il 2015 e il 2021, sono entrati nel mercato del lavoro per ogni lavoratore anziano uscito. Il risultato: il rapporto è uguale o superiore a 1 per un solo anno, il 2017, quando per ogni nuovo pensionato vennero assunti 1,7 giovani. Seppur i dati più bassi furono nel 2015 (0,30) e nel 2019 (0,37), anche nel 2021 il rapporto rimane sotto l’1, situandosi a 0,88: 212mila under 29 assunti contro i 240mila nuovi pensionamenti. In particolare, però, l’ostacolo maggiore per le nuove assunzioni sembrerebbe essere quello della mancanza dei profili professionali di cui necessitano le imprese. Infatti, non viene soddisfatta quasi la metà della domanda: ad inizio 2023, su un totale di 152mila figure richieste, il 48% non è stato reperito; inoltre, dato preoccupante, è che tra i ragazzi fra 16 e 24 anni che non studiano, lavora solo il 17,5% contro il 32,7% della media europea. Responsabilità giovanile? Assolutamente no. Questi dati mostrano una chiara irresponsabilità politica, incapace di creare le condizioni per aumentare i posti di lavoro, preferendo accontentare chi vuole andare in pensione e spacciandola come soluzione perfetta per liberare spazio a vantaggio dei giovani.

Il secondo problema italiano, che meriterebbe sicuramente un discorso a parte, è l’assenza di natalità. Da anni oramai, l’Italia è nel bel mezzo di un “inverno demografico”, risultando essere il paese con il minor tasso di natalità di tutta l’Europa. “Bisogna ragionare con politiche serie, impattanti, ogni anno dovremmo riuscire a incrementare di dieci mila nascite in più rispetto a quello precedente”, ha affermato il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari e della Fondazione per la natalità Gigi De Paolo. “Il problema è che non vedo nessuno che si ponga questo obiettivo […] Tante piccole cose non producono un impatto”.

 

Un futuro drammatico con risposta il silenzio

Diminuzioni delle assunzioni. Aumento dei pensionati costante. Natalità ai minimi storici. E, in aggiunta, pensioni sempre più povere e incremento della diseguaglianza dei redditi pensionistici. I nostri cugini francesi, però, sono scesi nelle piazze di tutta Parigi per protestare a fronte di un aumento di due anni della riforma (ovviamente denunciamo tutti gli atti di violenza e qualsiasi forma di protesta che non sia pacifica); noi italiani, nonostante un decennio di permanenti “riforme tampone” e repentini cambiamenti, continuiamo a poltrire nel nostro bel silenzio di casa.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

Scopri altri articoli