La crisi prolungata che affligge il mondo da prima del Covid-19 sta mettendo a dura prova non solo le “tasche” ma anche l’umore e lo stato d’animo dei lavoratori, sempre più spesso pagati meno del dovuto oppure caratterizzati da una posizione lavorativa precaria. Lo stato di profonda crisi – economica e sociale – che stiamo vivendo viene definito, nel mondo anglosassone, come “permacrisis”, letteralmente “un periodo esteso di instabilità e insicurezza” durante il quale il livello generale di benessere – mentale, fisico e monetario – è messo a dura prova e spesso presenta un calo repentino.
Dinanzi ad una tale condizione i lavoratori di tutto il mondo non possono fare altro che percepire una forte pressione sulle proprie spalle, data dall’instabilità del sistema lavorativo e dal continuo aumento del prezzo della vita. Tuttavia, – probabilmente – i “veterani” hanno più mezzi per poter rispondere ad una crisi come quella che ha caratterizzato questi ultimi anni, potendo contare sulla propria esperienza e sulla propria occupazione, mentre i neo-lavoratori si ritrovano in un mondo del tutto nuovo, disorientati a causa dell’inesperienza e non possono contare esperienze pregresse che possano aiutarli ad affrontare una crisi di tale portata.
La domanda che quindi ci vogliamo porre è la seguente: “come sta rispondendo a questa condizione di incertezza la nuova generazione di lavoratori, la Generazione Z?”
Generazione Z ti senti bene?
La situazione si presenta più grave di qualsiasi previsione: secondo un’indagine condotta da Cigna International Health (una società americana che si occupa di Assicurazioni sanitarie) su 12.000 lavoratori provenienti da tutto il mondo, il 91% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni dichiara di essere altamente stressato quando si trova sul posto di lavoro. Un dato interessante se si pensa che la media generale ammonta al 84%. Questi risultati ci mostrano quanto un’inquietudine di fondo sia presente nella maggior parte degli uffici e dei luoghi di lavoro, e non solo: quasi un quarto – il 23% – dei ragazzi facenti parte della Generazione Z soffre di stress e ansia e quasi il 98% sta iniziando ad affrontare i primi sintomi del cosiddetto “burnout”, ovvero uno stato di esaurimento caratterizzato dalla difficoltà di fronteggiare in maniera costruttiva le sfide che la vita ti pone davanti. Questi pochi dati ci forniscono una panoramica sulla situazione problematica che un’intera generazione vive costantemente sul proprio posto di lavoro.
Caro-vita e stress
Oltre all’incertezza lavorativa, però, il mondo è messo alla prova da un aumento repentino e generale dei prezzi di prodotti e servizi. Secondo una ricerca promulgata dalla Workhuman, una società di HR-softwer, l’84% dei lavoratori dinnanzi a questo drastico aumento del costo della vita prova una forte angoscia e una paura prorompente, ed è fortemente preoccupato per il proprio futuro a livello finanziario. Di nuovo, però, tale problematica sembra affliggere in maniera particolare soprattutto i più giovani: secondo i dati raccolti dalla McKinsey and Company, i lavoratori dipendenti facenti parte della Gen. Z sono più portati a definire il proprio stipendio come insufficiente per permettere loro di avere una “buona qualità di vita” e ciò contribuisce all’aumento della pressione e dello stress che i più giovani sentono gravare sulle proprie spalle. Gli effetti di questa ormai intrinseca incertezza risultano evidenti già oggi: il 23% dei lavoratori in una fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni non si aspetta di arrivare alla pensione, in più il 59% di tale fetta di popolazione non ha in piano di possedere una propria abitazione, mentre solo il 39% delle persone tra i 25 e i 34 anni presenta tale problematica. La questione, per tanto, non è confinata all’interno delle mura lavorative, bensì comprende ogni ambito della vita: dalla futura stabilità economica, alla decisione di avere una casa propria, fino ad arrivare alle relazioni interpersonali. Alcuni ricercatori hanno, infatti, dimostrato che i più giovani hanno maggiori difficoltà a creare amicizie sul luogo di lavoro. Come dice Eliza Filby, una ricercatrice generazionale londinese, “dover entrare in un ufficio, socializzare ed essere gestiti sembra estraneo a molti giovani. Gli aspetti sociali del lavoro rimangono intimidatori”.
Il lavoro come va?
Secondo uno studio condotto da Gallup, un’azienda Americana di consulenza, la Generazione Z rappresenta il gruppo di lavoratori più disimpegnato del 2022. Questo dato si traduce in una serie di problematiche alquanto voluminose: a dicembre dello scorso anno, per esempio, LinkedIn ha lanciato un sondaggio grazie al quale si è scoperto che il 61% dei partecipanti aveva intenzione di lasciare il proprio posto lavorativo nel corso del 2023, anche in questo caso una grande percentuale – il 72% di coloro che hanno preso parte al sondaggio – faceva parte della fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni. In più, si è scoperto che il 77% dei giovani lavoratori sta attualmente cercando un nuovo lavoro e questo è sintomo dell’instabilità e dell’insicurezza presente in questi anni in ambito lavorativo ed economico.
Conclusione
Nel 2025, la Gen. Z rappresenterà il 27% dei lavoratori nei paesi facenti parte dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e un terzo della popolazione mondiale. Il futuro lavorativo a livello globale è in mano ad una generazione che ad oggi si trova in una condizione di totale disorientamento di fronte ad una crisi economica, sociale e politica che non sembra voler indietreggiare. Se da una parte le paure e l’angoscia che una intera fascia di popolazione prova nei confronti del mondo lavorativo e del proprio futuro sono più che comprensibili e, dall’altra – forse – si dovrebbe cercare di affrontare la situazione sapendo che tra non molti anni il mondo del lavoro sarà nelle mani della stessa Generazione che oggi si sente in balia di questa permacrisis.