Il Bushido è il codice di condotta dei guerrieri Samurai, in esso sono presenti i principi militari e morali che un Samurai deve seguire per essere degno di questo nome, il bushido prende forma in Giappone durante il periodo dello Shogunato di Kamakura (1185-1333). Il Bushido ed i suoi principi traggono ispirazione dalle dottrine Buddiste e dal confucianesimo come ideali religiosi che muovono le azioni morali del guerriero.
Questi principi sono stati per molto tempo tramandati oralmente e vennero scritti per la prima volta da Tsuramoto Tashiro nel libro chiamato Hagakure, contenente tutti i precetti guida per la vita di un Samurai. Non è tanto importante raccontare la genesi del Bushido ma, piuttosto concentrarsi su questi principi e vedere come si colleghino anche ai valori di stampo filosofico che hanno contraddistinto la storia dell’occidente dall’era Greca fino ai nostri giorni.
I principi del Bushido sono sette: GI , YU , JIN , REI , MAKOTO , MEYO , CHUGI.
Il principio del Gi che prescrive di credere e seguire una sola etica come forma di responsabilità totalmente legata all’individuo. La moralità si esprime nel compiere l’azione giusta e quindi il vero samurai, seguendo la via del Gi non può essere corrotto perché riconosce la sua morale come unica fonte di azione. Nel periodo della modernità, in Occidente Kant ha espresso un concetto simile all’interno della sua teoria dell’imperativo categorico. L’uomo, secondo il filosofo, nel momento in cui aderisce al comando dell’imperativo categorico, agisce seguendo l’unico principio che permetta di compiere azioni moralmente buone. Il soggetto, quindi non può agire se non in osservanza o contro l’imperativo categorico, quindi decide di seguire la via della morale oppure la strada del vizio, esattamente come il samurai che sceglie di agire secondo il principio GI del Bushido. Kant spiega come la massima, ad esempio, “ non mentire” sia una guida all’azione adottabile da tutta l’umanità, quindi conforme all’imperativo, così come tutti i samurai decidono di non abbandonare i principi morali che guidano le loro azioni gloriose.
Il secondo principio descritto nel Hagakure è lo Yu, ovvero, come viene descritto: “ nascondersi come una tartaruga nel guscio, non è vivere”. L’agire di un samurai non deve essere cieco ma guidato dall’intelletto e dalla razionalità. Nietzsche filosofo ottocentesco, nello scritto “La Genealogia della Morale”, sostiene come i deboli siano per natura portati a reprimere i diversi istinti tipici dell’uomo non godendosi il presente e rinviando la loro vita in un mondo post mortem, che hanno creato per giustificare la loro debolezza, mentre i nobili vivono il momento a pieno. Vi è, quindi, una similitudine tra le parole di Nietzsche e il principio dello Yu: il samurai deve agire secondo intelletto vivendo a pieno la realtà e utilizzando la razionalità come arma di conoscenza; così facendo alimenta il suo sapere in modo che la sua condotta morale risulti ancora più integra.
Passiamo al quarto principio enunciato il REI: il codice del rispetto verso il nemico anche davanti alla sconfitta e a come spesso il miglior combattimento sia quello evitato. Iniziamo a scorgere l’unione indissolubile tra questi precetti, che inizialmente potrebbero sembrare indipendenti, ma che in realtà risultano legati insieme da un unico filo, un filo che prende ispirazione dalla religione Buddhista in cui Tutto è uno , non c’è perciò distinzione tra un precetto e l’altro, in quanto insieme formano un unico grande principio morale. Possiamo tornare indietro nel tempo per sbarcare nell’antica Grecia dove Talete uno dei filosofi del principio primo, riconduceva l’origine delle cose ad un solo elemento: l’acqua (o meglio l’elemento umido). Nietzsche parla di Talete dicendo che esso è stato in grado di far risuonare l’armonia del mondo in se stesso e di esprimerla in concetti. Nessuna di queste parole si distanzia dalla ricerca da parte del Bushido di trovare un grande principio che muova le azioni dei Samurai , un grande principio come unica fonte del tutto.
Il makoto è l’onore dell’istante, il momento in cui pensiero e azione coincidono. Per un samurai esiste solamente “ciò che deve fare” come massimo senso di responsabilità. Si libera, quindi, da ogni forma di libertà apparente e vive un unico momento dove pensiero e azione coincidono: tale illuminazione viene chiamata “Satori”. Sarà Cartesio, qualche secolo dopo, a portare questo concetto all’interno del mondo occidentale. Infatti, il pensiero – cogito – per il filosofo è ciò che ci permette di uscire dal circolo dubitativo e affermare la nostra esistenza. Se penso di conseguenza sono e agisco, perciò azione e pensiero sono i fili dell’esistenza umana, esattamente come per i samurai pensiero e azione coincidono nella massima espressione del loro valore umano.
Il precetto del Meyo indica come ogni azione sia rivelatrice del proprio intimo e per questa ragione un uomo è chiamato ad agire seguendo il proprio intelletto e i dettami dell’ anima. Collegandoci alla storia occidentale possiamo citare Socrate: “la virtù è conoscenza”. In tal modo il filosofo conferisce valore alla ragione umana. Solo ciò che è conoscibile può essere considerato buono, l’irrazionale produce vizio e cattiveria. Se un Samurai cerca la virtù e ne è portatore dovrà per forza sviluppare il suo intelletto come strumento fondamentale per accrescere la sua virtù e nobilitare la sua anima.
L’ultimo ideale è il SEPPUKU ovvero il suicidio rituale. Se un Samurai non dovesse adempiere ai principi morali a cui ha giurato fedeltà sarebbe costretto a togliersi la vita. Seppur potesse sembrare una pratica distante dalla concezione occidentale, in Grecia la corrente filosofica dello Stoicismo affermava che un uomo senza speranza è legittimato al suicidio, ed anzi, questa pratica era vista come la massima forma di libertà. Nella cultura Giapponese prende il volto di una punizione che permette all’uomo di comprendere il proprio fallimento: egli, nonostante avesse le chiavi della conoscenza e della responsabilità, si è fatto corrompere.
Il pensiero occidentale ha affrontato un percorso di formazione lento e controverso: naviga dai mari della Grecia , per finire nel medioevo e piano piano affronta le epoche con un continuo dibattito sui valori che le civiltà devono erigere come pilastri. Il Bushido, che certo può essere ricondotto ad una pratica militare, ha cercato di scavare nell’essere umano creando una via, una strada, che fosse possibile percorrere per arrivare al compimento della persona. Sentiamo spesso parlare di una mancanza di valori caratteristica delle nuove generazioni ma di certo non è facile comprendere come la scala di questi ultimi si muovi intorno a noi. I sapienti Greci, filosofi come Nietzsche e Kant, hanno manifestato l’esigenza umana di trovare una strada percorribile così come il Bushido è riuscito ad essere una via sia per i Samurai che per uomini in cerca di un sentiero di vita. Oriente e Occidente, in fondo non siamo così diversi. Certo, le tradizioni, gli usi e i costumi possono dividerci ma la ricerca dei valori su cui poggiamo le nostri menti è, e rimarrà, sempre la medesima. In ognuno di noi c’è un samurai pronto a combattere e un filosofo che mette in discussione l’ordine di tutte le cose.