Se per un attimo staccassimo lo sguardo dal particolare mostrato dalle televisioni, dal singolo episodio di cronaca nera, e lo allargassimo alla situazione generale, quale tipo di violenza vedremmo? Quella dell’omicidio fuori dal comune o un impeto controllato, nascosto, soffocato dalla situazione in cui si è inseriti socialmente? Gestione degli spazi, stigma sociale e disparità economiche: ecco qual è la situazione attuale del quartiere di San Siro, dimenticato dal resto di Milano tranne nel momento in cui si devono nutrire le narrazioni sull’ordine pubblico.
San Siro e la povertà
In via Zamagna 4, frecce nere sull’asfalto indicano dove comprare una dose. I muri delle alte case popolari che circondano le strade cadono completamente a pezzi: una di queste ha la facciata completamente scura, dopo che un incendio ad agosto 2022 ha lasciato i residenti senza acqua e luce per settimane – ma dello Stato ancora non si vede l’ombra. Camminando ancora un po’ troviamo un ragazzo, alto e con tatuaggi sulla testa e sulle braccia. È omosessuale; lui e il suo compagno sono stati picchiati già tre volte e ora non riesce ad uscire di casa neanche per andare a fare la spesa. Poco più in là, una signora sbraita contro dei giornalisti e dice che il sindaco Beppe Sala li ha abbandonati; nel frattempo, un’Audi Coupé sfreccia con delle telecamere in mano: sono le vedette che controllano il quartiere di San Siro, a dimostrazione che lì, in via Zamagna e per tutta la periferia ovest comandano loro, non lo Stato.
“Zona San Siro, 6000 abitazioni popolari… decadenti, non ristrutturate e tutte imbrattate di graffiti e di antenne paraboliche. Camminando non ti senti a Milano […] Questa è la Milano del 2023. Questa Milano è un mondo parallelo rispetto a Citylife ed i nuovi grattacieli che tanto ci rendono orgogliosi”, sono queste le parole che accompagnano il fotoreportage di Carlo Grignaschi per “Milano Città Stato”. Il piazzale ai piedi del grande stadio Giuseppe Meazza segna un confine. Un muro invisibile che divide due anime opposte del quartiere di San Siro: a sud il quadrilatero, povero e popolare; a nord lo stadio e il silenzio di una zona residenziale.
Guerra tra poveri, guerra tra etnie
Tra i tanti problemi che i residenti devono affrontare ogni giorno c’è sicuramente quello del conflitto tra etnie. La San Siro delle case Aler ha una forte prevalenza di egiziani, un’ampia comunità rom, alcuni sudamericani, cinesi, eritrei nordafricani e, infine, una popolazione di italiani, perlopiù anziana. Ogni gruppo ha la sua zona di riferimento e, per evitare problemi, ognuno si tiene alla larga dagli altri. Il parchetto di piazza Selinunte, per esempio, è diviso tra famiglie rom ed egiziane; tutti gli altri sono considerati “alieni”: le madri egiziane sono in Italia da oltre cinque anni, ma nonostante ciò ancora non conoscono una parola di italiano.
Tra etnie diverse spesso si frammischia anche l’odio, dove chi ha meno prova a derubare chi ha qualcosa in più. Ma sempre di pochi spiccioli stiamo parlando. Conflitti alimentati non solo dall’assenza statale, ma anche dalle barriere culturali e linguistiche dei diversi gruppi. “Cosa vorreste cambiare di San Siro?”, chiede un’intervista di Milano Today di due anni fa ad un adolescente del quartiere: “Il quartiere ci piace com’è, problemi non ce ne sono”, risponde, circondato da palazzi abbandonati, spazzatura e centinaia di residenti con disabilità fisiche e psichiche.
Lo Stadio dei ricchi
Lo stadio Giuseppe Meazza è indissolubilmente legato alla città di Milano e, soprattutto, il grande simbolo del quartiere di San Siro, tanto da essere soprannominato in tutto il mondo “La Scala del calcio”. Struttura architettonica storica e complessa (di cui la prima versione venne completata nel 1926), che ogni settimana attira migliaia di tifosi e arricchisce il quartiere ovest milanese. Domani, 16 maggio, in vista del grande derby di Champions League tra Inter e Milan, un record di incassi accompagnerà i novanta minuti di partita (dodici milioni per la precisione) e oltre cento mila persone, dentro e fuori lo stadio, popoleranno la zona.
Negli ultimi anni, però, si è venuta a delineare l’idea di demolire il grande simbolo milanese in favore di due stadi personali per Inter e Milan. Grande operazione finanziaria ed economica che favorirebbe un incremento dei guadagni per le due squadre ma che desta molti dubbi sulla fine di un oggetto culturale centrale nella storia di Milano e del quartiere di San Siro. “Società che fanno i loro interessi. Non quelli dei tifosi, né degli abitanti della parte popolare”, ha lamentato Giammarco Brenelli, avvocato e membro del Comitato Sì Meazza. La fine dello Stadio Meazza potrebbe rappresentare una nuova crisi per tutto il quartiere di San Siro e che allontanerebbe gli “occhi” nazionali non solo dai derby annuali ma anche dalla sempre più drammatica e problematica situazione che attanaglia tale zona.
“Diventerà una zona senza un anima, non stiamo parlando solo di una struttura sportiva” – Comitato degli Abitanti di San Siro.