Francia, 1939: storia dell’ultima esecuzione pubblica

Condividi:

17 giugno 1939. Versailles, Francia. In un clima di festa popolare, l’“assassino dallo sguardo di velluto”, Eugen Weidmann veniva condannato a morte per aver ucciso sei persone. Cos’ha, tuttavia, di così importante questa storia? Alle 4:32 del mattino, il serial killer trentunenne divenne l’ultima persona a subire l’esecuzione pubblica tramite ghigliottina: dopo questo spettacolo “creepy” nel palazzo reale alle porte di Parigi, infatti, il primo ministro Edouard Daladier mise fine alle esecuzioni pubbliche, le quali continuarono a tagliare teste solamente dietro le alte mura delle prigioni della Francia.

 

La Francia scossa da Eugen Weidmann

L’attesa diventa insostenibile”, scriveva un giornalista del quotidiano “Paris-Soir”. “Alto, pallido e magro”, così venne descritto il condannato mentre veniva condotto fuori dalla prigione. Quel lontano lunedì di oltre ottant’anni fa, una grande folla si radunò per assistere all’ultimo spettacolo cupo e osservare la morte del dandy sanguinario che, nel 1937, scosse la tranquillità della Francia. Molti curiosi, addirittura, si misero in fila svariate ore prima per assistere alla caduta della lama, contenti di non dover più pensare alla presenza dell’assassino nella capitale francese.
Eugen Weidmann, trentunenne tedesco con una serie di precedenti penali già nel suo paese natale, venne condannato a morte per sei omicidi commessi in Francia (assieme a tre complici ed ex compagni di prigionia: Roger Million, Blanc e Fritz Frommer). In particolare, dopo un primo fallimentare tentativo di rapimento di un turista americano, Weidmann uccise due donne e quattro uomini solo nel 1937: una ballerina newyorchese (seppellita nel giardino dell’abitazione dell’assassino), uno chauffeur, un giovane produttore teatrale, un agente immobiliare, un’infermiera privata e, infine, una vittima tratta in inganno da una finta offerta di lavoro.

 

L’ultima esecuzione pubblica

Con le mani legate dietro la schiena e la camicia bianca abbassata per esporre il collo, il condannato tedesco venne condotto alle porte della prigione di Saint-Pierre, nel centro di Versailles, la mattina all’alba del 17 giugno 1939. Solitamente, le esecuzioni avrebbero dovuto aver luogo prima dell’alba; tuttavia, l’occuparsi della folla ha ritardato notevolmente i preparativi, tanto che svariati giornalisti hanno potuto scattare foto e persino filmare l’evento. Una folla che, piuttosto che reagire con solenne osservanza, si è comportata in modo assolutamente turbolento, utilizzando fazzoletti per tamponare il sangue di Weidmann come souvenir. Una reazione denunciata dal giornale Paris-Soir come “disgustosa” e “indisciplinata” tanto che, successivamente l’evento, le autorità giunsero a credere che “lungi dal servire da deterrente e avere effetti salutari sulle folle”, l’esecuzione pubblica “promuoveva gli istinti più bassi della natura umana e incoraggiava la turbolenza generale e il cattivo comportamento”. Non fu, quindi, la violenza e la freddezza dell’esecuzione a costringere la Francia a porre fine alla ghigliottina pubblica ma, tuttavia, il comportamento isterico” degli spettatori, talmente scandaloso da costringere il presidente Albert Lebrun e il primo ministro Edouard Daladier a vietare ogni futura esecuzione. Un comportamento particolarmente assurdo descritto anche nell’autobiografia dello futuro attore di Dracula Christopher Lee, anch’egli presente nell’assordante folla.

 

La fine di una tradizione

La morte di Eugen Weidmann è l’atto finale di una lunga tradizione vecchia di 150 anni. Alla fine del XVIII secolo, infatti, la ghigliottina era oramai divenuta un simbolo della Rivoluzione francese e, precedentemente, metodo di esecuzione tipico dei nobili. L’idea fu del medico francese Joseph Ignace Guillotin, il quale voleva abolire le atroci modalità di esecuzione dell’epoca (in particolare la cosiddetta “ruota”). Nel 1972, l’Assemblea nazionale transalpina la introdusse come unico strumento di esecuzione, mietendo la sua prima vittima: il tagliaborse Nicolas Jacques Pelletier. In particolare, in merito a tale decapitazione – avvenuta il 25 aprile 1792 -, la “Chronique de Paris” scrisse: “Questa macchina è stata preferita a ragione agli altri strumenti di supplizio: essa non contamina la mano di un uomo con l’assassinio di un suo simile, e la prontezza con cui colpisce il colpevole è più in linea con lo spirito della legge che può essere spesso severa, ma che non deve mai essere crudele”.
Centocinquanta anni dopo, tuttavia, le modalità “lievi” di esecuzione non vennero accompagnate da una degna reazione da parte della popolazione della Francia. Le esecuzioni tramite ghigliottina, come detto in precedenza, continuarono però all’interno delle mura delle prigioni per addirittura 40 anni: Hamida Djandoubi, infatti, divenne l’ultimo condannato morto nel settembre 1977 e la pena di morte venne abolita totalmente solo nel 1981.

 

Di seguito sia il link per gli altri articoli della nostra rubrica “Stories” e sia il link per un breve video documentario con le foto originali dell’esecuzione di Eugen Weidmann.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

Scopri altri articoli