Avviciniamoci con cautela all’“elefante nella stanza”. La penultima tappa di questo tour della regione spagnola dell’Andalusia non si ferma ad una particolarità della cultura spagnola. In questo articolo narreremo una storia di frontiera, le vicende passate della “creazione” del territorio britannico di Gibilterra. Noi di The Minder abbiamo visitato questa sorprendente zona della penisola iberica e vogliamo provare a raccontarvi del perché nei pub di questo territorio si servono Fish and Chips e non tapas o vino.
La storia di Gibilterra
Promontorio calcareo giurassico, i sei chilometri quadrati della Rocca di Gibilterra sono intrisi di storia cominciata, addirittura, circa 100.000 anni fa quando gli uomini primitivi pescavano lungo la costa e abitavano le lunghe grotte calcaree. Passiamo velocemente anche il periodo fenicio e romano, per fermarci ai primi colonizzatori della Rocca: i Mori di Tarek ibn Ziyad, nel 711 d.C. Da allora, questo sito è stato luogo di assedi e battaglie lungo i successivi secoli e divenendo poi guardia d’ingresso nel Mediterraneo e simbolo della forza navale britannica.
È il 1704 e, durante la guerra di successione spagnola, in agosto una flotta anglo-olandese al comando dell’ammiraglio George Rooke riuscì a conquistare Gibilterra, dopo oltre cinque ore di battaglia e 15.000 colpi di cannoni sparati verso il promontorio. Svariati tentativi di riconquista fallirono, fino al 1713 quando – ai sensi del Trattato di Utrecht – la Corona spagnola fu costretta a cedere “per sempre” Gibilterra alla Corona britannica. Da questo momento in poi, per oltre cinquant’anni gli spagnoli provarono a riprendersi la zona: nel 1726 le forze spagnole si ammassarono intorno alla Rocca e provarono a sfruttare le pessime difese britanniche e una guarnigione inglese che contava solo 1500 uomini. Dopo un lungo assedio e un pesante bombardamento spagnolo, però, si giunse solo ad una tregua, nel 1727.
Il tentativo di conquista più importante, però, avvenne dal 1779 al 1783, durante quello che venne definito il “Grande Assedio”. Gli spagnoli pianificarono un attacco sia via mare che via terra, preceduto da un pesante bombardamento. A capo dello schieramento inglese, però, erse il generale Elliott, governatore del territorio in quel momento e grande condottiero. Nonostante la grande fame (pensare che gli inglesi riuscirono a sopravvivere con solo quattro once di riso al giorno) e la netta inferiorità numerica (7000 inglesi contro gli addirittura 40.000 spagnoli), il 13 settembre 1782 – culmine dello scontro – la baia venne “illuminata” dalle fiamme delle navi spagnole, grazie ai numerosi tunnel (ancora oggi presenti) che permisero ai cannoni inglesi di abbattersi sulla costa mediterranea.
Altro momento storico tanto importante quanto drammatico della storia di Gibilterra è da ricondurre alla Seconda guerra mondiale. A parte gli uomini in età lavorativa, l’intera popolazione civile della zona fu evacuata nel 1940 in differenti luoghi come Giamaica, Madeira e Irlanda del Nord. La Rocca venne così utilizzata per ospitare le varie guarnigioni inglese e, nel novembre 1942, come base per sostenere l’operazione Torch, l’invasione degli Alleati nel Nord Africa. Gli anni del dopoguerra videro così un vasto programma per ricostruire gli alloggi per gli sfollati di ritorno, gli ultimi dei quali tornarono addirittura nel 1951, undici anni dopo la loro fuga. Nel 1955 fu creato un Consiglio Legislativo e, nel 1967, gli abitanti di Gibilterra votarono nel loro primo referendum sulla sovranità: 12.762 hanno votato per rimanere con la Gran Bretagna e solo 44 per la sovranità spagnola. Similmente, lo stesso risultato avvenne anche nel 2002, durante un secondo referendum; risultato – e sentimento – eloquentemente sintetizzato dall’allora Primo Ministro di Gibilterra, Peter Caruana: “Ci sono più possibilità che l’inferno si congeli rispetto alla possibilità che il popolo di Gibilterra accetti la sovranità spagnola in qualsiasi forma”.
Cosa significa vivere nella Rocca?
Parliamo da un punto di vista “governativo”. La maggior parte dei cittadini di Gibilterra sono registrati come cittadini britannici, ai sensi delle disposizioni per i cittadini dei territori britannici d’oltremare stabilite nel British Nationality Act del 1981. Una seconda categoria di cittadinanza che si applica è quella di “cittadino di un territorio britannico d’oltremare”, convertibile in piena cittadinanza inglese solo da coloro che sono nati nel territorio della Rocca. È veramente complicato (se non praticamente impossibile) per un cittadino straniero ottenere la cittadinanza: possono fare domanda solo dopo 25 anni di residenza e il seguente ottenimento non è cosa certa.
Secondariamente, è giusto sottolineare la condizione della principale comunità – anche per vicinanza di territorio – presente a Gibilterra, quella marocchina. Oltre, come abbiamo appena sottolineato, alle grandi difficoltà ad ottenere la cittadinanza, fino al 1986 nessun figlio di genitori stranieri poteva nascere a Gibilterra: le donne erano quindi costrette a tornare in Marocco per poter partorire. Inoltre, nel 1992 il governo lanciò una campagna dallo slogan a noi molto familiare: “Gibraltar first”. Si trattavano, nel dettaglio, di grandi restrizioni ai marocchini che perdevano il loro impiego originario nel territorio. Addirittura, il governo arrivò ad offrire incentivi affinché questi lavoratori tornassero in Marocco, con la possibilità di esplosione dopo sei mesi di disoccupazione. Il risultato di queste drastiche misure fu la riduzione della comunità marocchina da 3.000 unità negli anni Settanta/Ottanta a poco meno di mille all’inizio del XXI secolo.