Siviglia, un tour “multietnico” (5)

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Dall’Islam all’influenza cristiana della Giralda all’ebraismo del Barrio de Santa Cruz, per terminare con la stupefacente amalgama di influenze culturali dell’Alcazar. Siviglia, il capoluogo dell’Andalusia, è la quinta tappa del nostro viaggio per questa regione spagnola. Città da oltre otto milioni di abitanti e anima del “way of life”andaluso. Esploriamo caratteristiche etniche e curiosità di queste tre attrazioni principali di Siviglia.

 

Giralda, Siviglia

Quando pensi a Londra, pensi al London Eye. Quando pensi a Parigi, pensi alla Torre Eiffel. Quando pensi a Siviglia, invece, non puoi che pensare alla Giralda e, ovviamente, alla splendida cattedrale a cui è ora collegata (addirittura una delle più grandi chiese cristiane di tutto il mondo). Quelli che molti non sanno, però, è che l’attrazione principale della città ha un lunghissimo passato musulmano: la Giralda, infatti, era un tempo un minareto di una grande moschea e veniva utilizzata per cantare e richiamare le persone alla preghiera.

Durante il XII e XIII secolo, Siviglia fu controllata dagli Almohadi, un gruppo musulmano-africano che mantennero per lungo tempo il controllo della città. Durante questo periodo, la popolazione costruì la Giralda come parte della loro moschea. Nessuna immagine e semplici decorazioni sferiche: nient’altro avremmo potuto trovare all’interno della torre campanaria, costruita tutta in pietra, “rubata” da qualsiasi parte del territorio circostante (durante il tragitto per arrivare alla Giralda, infatti, si possono osservare varie lapidi romane distrutte, a dimostrazione della pietra rubata dagli arabi nella costruzione della torre).

Nel 1248 Siviglia fu protagonista della grande epoca cristiana della Reconquista, guidata da Fernando III di Castiglia. Durante questo periodo, la Giralda non poteva che rappresentare la grandezza e magnificenza del mondo arabo; e ai cristiani, ovviamente, non andava bene. Distruggere la struttura, però, sarebbe stato assurdamente difficile, tanto quando poi ricostruirla; decisero così di utilizzarne la maggior parte. Durante il XIV secolo, i cattolici aggiunsero perciò la parte superiore, caratterizzata da diverse campane e una croce, simbolo del cristianesimo. L’edificio, quindi, non sarebbe stato più utilizzato come moschea ma come chiesa e la costruzione “sopra” la vecchia struttura musulmana non rappresentava altro che l’idea di superiorità che i ri-conquistatori dovevano avere nei confronti degli sconfitti.

Questa torre rappresenta quindi l’immagine visiva, concreta della storia del dominio musulmano a Siviglia, della riconquista cattolica, del periodo dell’Inquisizione e del Rinascimento.

 

Santa Cruz e l’animo ebraico a Siviglia

Formatosi dal 1248 con la conquista di Siviglia da parte dei cristiani, il Barrio de Santa Cruz (il “Quartiere della Santa Croce”) è situato nella parte più antica della città, essendo all’interno delle mura cittadine costruite dai Romani addirittura nel I secolo a.C. Mentre la vera identità di Siviglia, come abbiamo visto in precedenza con la descrizione della Giralda, sia difficile da definire, non c’è dubbio che questo quartiere sia estremamente dotato di qualità e caratteristiche andaluse, nonché elementi medioevali non indifferenti. Per esempio, l’essenza del suo carattere risiede in gran parte nelle strette e tortuose strade che si intrecciano nel quartiere, con il duplice scopo di proteggere dal forte sole estivo e, in passato, per confondere nemici e stranieri. Inoltre, non bisogna mai perdere l’occasione di provare a sbirciare dentro una porta aperta o una piccola finestra: grandi giardini, cucine all’aperto, monumenti storici nascosti o stanze adibite al flamenco. Non si sa mai cosa si può scoprire.

La vitalità del Barrio de Santa Cruz, però, è qualcosa di recente, con programmi di rinnovamento risalenti al tardo XVIII secolo e nel periodo napoleonico, nonché grazie ai preparativi per l’esposizione ispano-americana del 1929. Una forte decadenza di questo quartiere, invece, risale al 1492, quando venne attuato il Decreto di Alhambra: questo editto – emanato dai re cattolici spagnoli – rendeva obbligatoria l’espulsione delle comunità ebraiche dai regni spagnoli; o, ancor meglio, richiedeva la conversione degli ebrei alla religione cattolica e disponeva l’espulsione per coloro che non si fossero convertiti. Molti ebrei, perciò, scapparono dalla zona, altri vennero assassinati e decine di sinagoghe vennero abbattute o convertite in chiese.

 

L’amalgama culturale dell’Alcázar

La storia della contrapposizione del mondo musulmano e cristiano nel capoluogo andaluso è rappresentato al meglio (oltre che dalla Giralda) dall’Alcázar reale di Siviglia. In origine, nell’anno 913-914 d.C., dopo una rivolta contro il governo di Cordoba, il primo califfo di Al-Andalus, Abd al-Rahman III, decise di costruire una nuova sede governativa e fortificazione, in sostituzione di una precedente basilica cristiana visigota. Si trattava di un recinto quadrangolare lungo circa 100 metri per lato, circondato da mura e torri rettangolari e annesso alla cinta muraria. Fino all’era cristiana, la struttura venne continuamente ampliata, arricchita e, talvolta, divenne sede centrale del califfo.

A differenza della Giralda, dove possiamo ancora osservare il mondo arabo, l’Alcázar ha però attualmente pochi resti di quel lontano passato arabo, molti di questi portati via e conservati in altri palazzi della città. In particolare, con l’inizio della Reconquista, la struttura venne trasformata nella residenza dei monarchi cristiani e conseguenti modifiche vennero attuate per soddisfare le varie esigenze dei monarchi e della vita di corte.

Arienti Stefano

Arienti Stefano

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