La FEVS (Fédération des Exportateurs de Vins & Spiritueux) francese, organizzazione rappresentativa della filiera francese dei vini e dei distillati su tutti i temi di interesse internazionale per il settore, ha dichiarato che l’export in valore di vino e distillati francesi è aumentato del 10,8% nel 2022, raggiungendo un nuovo record e dovuto principalmente all’incremento dei prezzi. Grazie alla ripresa dei viaggi e del turismo (soprattutto quello cinese), questa tendenza dovrebbe confermarsi anche durante l’anno corrente, salvo ovviamente spiacevoli imprevisti. Secondo quanto ripotato dall’agenzia di stampa britannica Reuters (sulla base dei dati FEVS), le vendite all’estero del mercato vinicolo hanno raggiunto, infatti, i 17,2 miliardi di euro nel 2022.
Entrando più nel dettaglio, più di un quarto delle esportazioni totali in valore sono state destinate agli Stati Uniti (principale mercato export francese per il mercato vinicolo); con un aumento nel 2022 del 14%, 4,7 miliardi di euro. L’export, invece, verso il Regno Unito (il secondo mercato francese) è aumentato – grazie all’inflazione – di quasi il 7% in valore, raggiungendo 1,7 miliardi di euro. Per quanto riguarda invece la Cina, le restrizioni legate alla pandemia hanno rallentato le esportazioni, ma il presidente della FEVS, Cesar Giron, ha affermato la possibilità di una forte ripresa per il 2023 (soprattutto dopo che Pechino ha iniziato ad allentare i vari divieti): “I ristoranti e gli hotel sono pieni, la gente vuole vedersi, quindi mi aspetto una ripresa nei prossimi mesi in Cina”.
L’era Covid-19
Dopo una grande e faticosa “salita”, oggi iniziamo a vedere i risultati della “discesa”. Ma come è stata questa salita? Come la pandemia ha colpito il mercato vinicolo francese? Francia e Italia, per quanto riguarda il mercato del vino, sono stati i due paesi europei maggiormente colpiti dal Covid-19. L’export vinicolo crollò completamente nel territorio di Parigi, dovuto alla crisi economica e ai dazi che vennero imposti dall’amministrazione Trump contro l’Europa.
“Il Covid è una catastrofe per noi”, spiegò Jérôme Mader, trentottenne i cui pregiati Riesling e Gewürztraminers vengono spediti nei ristoranti di entrambe le sponde dell’Atlantico e che durante la pandemia perse oltre metà delle sue vendite complessive. L’azienda Domaine Borès (Reichsfeld), invece, cedette il 30% della produzione, per un totale di 19mila litri. “Questa non è esattamente la finalità che avevamo in mente quando abbiamo prodotto questo vino”, affermarono i titolari produttori. Ovviamente, lo spazio per la conservazione del vino invenduto era minima e le vasche del vino dovevano essere svuotate per la nuova, difficile produzione. Parte del vino bianco prodotto, quindi, venne spedito nei silos d’acciaio delle vicine distillerie, dove venne ridotto ad alcool e riutilizzato come disinfettante per le mani. Solo in Alsazia, oltre sei milioni di litri fecero questa triste fine: “È qualcosa di molto triste per i viticoltori. Le loro scorte sono troppo abbondanti. Devono fare spazio”, spiegò Erwin Brouard, direttore della distilleria Romann.
La cosiddetta “distillazione di crisi”, finanziata dalla stessa Unione Europea, mirò ovviamente a liberare spazio nelle cantine in vista della successiva vendemmia. Ma se, in Italia, la riconversione poteva riguardare solo i vini comuni con gradazione alcolica minima di 10°, in Francia fu possibile trasformare anche quelli a denominazione di origine. Tra cui, appunto, lo champagne. Il CIVC (Comitato interprofessionale del vino di Champagne) pubblicò a fine 2020 le statistiche riguardo il crollo del mercato della tanto rinomata regione: la pandemia portò, a tal proposito, ad un calo storico delle vendite, stimato a 100 milioni di bottiglie e ad una perdita di oltre 1.7 miliardi di euro di fatturato. Record tutt’altro che positivo se facciamo riferimento ai numeri dell’anno precedente (2019): 297 milioni di bottiglie vendute e fatturato record di 5 miliardi di euro.
Guardare al futuro
È impossibile prevedere il futuro del mondo del vino nei prossimi anni e decenni. Dopo la ripresa post-pandemia, la situazione rimane ancora bloccata dai limiti imposti dalla guerra in Ucraina e da altre tensioni internazionali. Nel 2003, però, uno studio condotto in Francia dell’Inra (Institut National de la Recherche Agronomique) intitolato “Prospective vignes et vins – Scénarios et défis pour la recherche et les acteurs”, individuava 104 ipotesi di partenza e 11 scenari possibili con cui si sarebbe dovuta confrontare la viticoltura del 2020, ovviamente declinati rispetto ai diversi attori del mondo francese.
Se molte di queste ipotesi si sono realizzate, altre invece sono risultate utopistiche, soprattutto a causa del mutamento di scenario in certi casi molto rilevante (pensiamo all’enorme problema del cambiamento climatico degli ultimi decenni). Nel 2023, la necessità di guardare all’orizzonte 2040-2045 ha portato FranceAgriMer e Institut Agro Montpellier a riprendere, e attualizzare, le ipotesi di vent’anni fa. Le 102 ipotesi rilevate hanno dato forma a quattro scenari possibili; non quattro previsioni del futuro ma strumenti di dibattito per capire, valutare e anticipare i cambiamenti dei prossimi decenni.
Senza entrare nel dettaglio di ogni scenario (consultabili nel link presente nella sezione “Fonti” dell’articolo), essi affrontano comunemente una serie di domande. Questi set di quesiti sono stati suddivisi in tre grandi aree tematiche: quella relativa al contesto generale (ossia il contesto macroeconomico, le aspettative ambientali e sanitarie della società, l’accettabilità e sviluppo delle tecnologie informative e della biotecnologia e, ovviamente, le questioni relative al cambiamento climatico), al settore del vino e ai suoi attori (pratiche enologiche, distribuzione vinicola, competitività, gestione della filiera, linee di imbottigliamento e investimenti nel settore) e, infine, le questioni relative ai prodotti e mercati (domanda, offerta ed esportazioni del vino francese, l’immagine del vino, l’evoluzione del consumo in Francia, i marchi di qualità e il sempre più centrale ruolo degli influencer).